Orestea, il “pathei mathos”, la conoscenza dalla sofferenza

Orestea, il “pathei mathos”, la conoscenza dalla sofferenza

CATANIA – Giorno 30 maggio, alle 20,30 il Teatro Metropolitan di Catania ha ospitato lo spettacolo classico “Orestea di Eschilo” (realizzato con il contributo dell’Assessorato Regionale dell’Istruzione, dell’Università e del Diritto allo Studio, circ. n. 20 del 20-10-2023), rappresentato alla presenza di un parterre d’eccezione: dott. Emilio Grasso, Dirigente Scolastico e Dirigente Ufficio Scolastico per la Sicilia-Ambito Territoriale di Catania, l’assessore alla Pubblica Istruzione, Andrea Guzzardi, l’avvocato Ivan Albo, consulente della città metropolitana etnea, e Graziano Piazza, direttore del Teatro Stabile di Catania. Quest’ultimo ha notato il “gesto e attitudine scenica” degli attori, apprezzando con toni entusiastici il “senso di collettività profuso da questa messa in scena”, nonché la sua “forza e capacità di emozionare”.

orestea liceo spedalieri

Studenti del Liceo N. Spedalieri, sotto la direzione della Dirigente Scolastica Vincenza Biagia Ciraldo, infatti, si sono trasformati in attori professionisti, plasmati dalla straordinaria regia di Monica Felloni (dell’Associazione Néon) che ha elevato lo scopo formativo di un laboratorio scolastico a brillante performance (piacevolmente anticipata da un fuori programma di Alessandro Cliente e Emanuele Geraci, con canto lirico e musica di un brano elaborato da Dalila Arena dall’Orestea, già presentati all’Agòn “Eschilo in musica” 2024). 

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È stata, infatti, perfettamente interpretata in chiave contemporanea la choreia una e trina del teatro greco, in cui danza e canto del coro si armonizzano con il recitativo di voci protagoniste. Un ballo tribale dai ritmi ossessivi (flessuosamente realizzato da un danzatore-corifeo) fa da preludio al ritorno del re ad Argo, preparando la tensione emotiva di questa trilogia del pathei mathos, la conoscenza attraverso la sofferenza.

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Lo spazio scenico è poi riempito con un flusso di corpi ondeggianti, commento tangibile alle sensazioni sollecitate al pubblico. Le braccia tese, i capelli fluttuanti, le pose striscianti, danze sfrenate, il tamburellare di passi e colpi di mano punteggiano l’entrata di Agamennone, eroe maestoso con al seguito una schiava da letto, l’accoglienza fintamente calorosa di Clitennestra, l’amore filiale tradito di Elettra e il desiderio di vendetta di Oreste. 

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La sofferenza di Ifigenia strappata proditoriamente alle nozze, divenuta offerta sacrificale, è mostrata attraverso drappi neri luttuosi che la avviluppano fino ad issarla fisicamente verso l’alto. E sono proprio i teli rossi, che oscillano in scena e poi vengono lentamente ritirati, quasi abbracciati, introiettati, ad essere protagonisti allegorici del bagno di sangue ordito dalla rabbia irrefrenabile della regina. Questa esplode, covata nei lunghi dieci anni di attesa dell’assassino della figlia, che osa presentarsi a fianco della “preda di guerra”, Cassandra. A proposito delle volutamente scarne scenografie un senso di armonia dell’insieme, di “regalità” (attraverso l’oro e l’argento) e di tormento (con linee aspre e spezzate) dei soggetti è prodotto dai tratti pittorici di Massimiliano Frumenti, artista di chiara fama.

Il laboratorio si è avvalso anche della collaborazione delle giovanissime Anna Cutore e Dorotea Samperi, ex studentesse dello Spedalieri che da anni fanno parte dell’Associazione Culturale Nèon.



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E mi si consenta un plauso a tutti gli attori, che ci hanno condotto al vivo delle emozioni: le Erinni dietro una maschera con “artigli” pronti a ghermire, gli interpreti delle divinità Apollo e Atena, la dolorosa nutrice di Oreste, le voci del coro punteggianti il racconto anche con antichi echi greci, la fermezza di Oreste e in particolare Clitennestra ed Elettra che colpiscono per la loro fisicità, lo sguardo di sfida della regina verso il pubblico (quasi a dirgli: – Vorresti forse giudicarmi? Hai forse patito l’uccisione di un figlio?), a sfiorarlo pur restandogli superiore, sprezzante, la voce tremante in uno spasimo di pura sofferenza della principessa. A questo lamento del pathos filiale fa eco un canto straziante, con coinvolgenti acuti femminili, preparando l’esito esiziale dell’Agamennone. 

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Infine, la scelta e adattamento della trilogia di Eschilo, Agamennone, Coefore, Eumenidi si devono all’abilità della professoressa Francesca De Santis che è riuscita a coagulare in un’unica trama intensa questi grandi temi universali, l’amore materno tramutato in desiderio di vendetta, quello filiale tradito e lacerato ed infine l’assoluzione che mette fine a questa terribile scia di sangue. 

Quanto mai messaggio benaugurante quest’ultimo tanto, ahinoi, adatto alla realtà odierna con lotte ataviche in Palestina e in Ucraina! Possa Eschilo tracciarci il giusto cammino, possa ancora una volta il pathei mathos farci da guida.

Cinzia Di Mauro, autrice catanese di una trilogia di fantascienza Genius (finalista Urania e Delos) Ledizioni Milano, di un noir umoristico La storia vera di un killer nano (segnalato al Premio Calvino), di un fantasy orwelliano Casa Bruiswiq, di un thriller sull’alta finanza In cima alle torri, di I love Meteorite, romanzo grottesco su una famiglia e un mondo distopico e di Pangolino mon amour!, tragicomiche avventure del periodo covid di prossima uscita per Allaround di Roma.

 

 

Foto di Eletta Massimino