Lettera di una docente, precaria da 20 anni

Lettera di una docente, precaria da 20 anni

CATANIA – Ieri il Presidente del Consiglio Matteo Renzi, a Palermo per ricordare don Pino Puglisi ed anche per augurare un buon inizio di anno scolastico, ha dovuto confrontarsi con disoccupati e precari. Oggi, riceviamo da una nostra lettrice una riflessione che vogliamo divulgare, nella speranza che possa avere un seguito nelle sedi opportune.

È anche un invito a farci conoscere le vostre storie e a sollecitare i vostri appelli. Ecco la lettera giunta alla nostra redazione.

Insegno ormai da circa 20 anni e non ho mai avuto il piacere e la fortuna di rimanere nella stessa sede per più di un anno. Ricominciando di volta in volta con nuovi alunni, colleghi e dirigenti, sentendomi sempre sospesa e mai perfettamente integrata nel mio ruolo di docente, nonostante abbia conosciuto negli anni studenti e colleghi meritevoli.

In quest’ultimo decennio ho vissuto tutte le peggiori trasformazioni della scuola. Ho partecipato a vari ricorsi legali per vedermi riconosciuti o meglio per mantenere determinati diritti acquisiti che l’avvicendarsi di improvvisati ministri mettevano a rischio. In particolare ho sostenuto la battaglia legale per il diritto alla mobilità territoriale che la riforma Gelmini ci aveva sottratto.

Finalmente con l’aggiornamento triennale delle graduatorie, grazie al decreto dell’ex Ministro Carrozza, si è aperto uno spiraglio in merito alla riduzione della permanenza provinciale che è passata da 5 a 3 anni. Così con la consapevolezza che qui non avrei mai ottenuto il ruolo, convinta che quei pochi diritti rimasti presto sarebbero stati smantellati da nuove riforme (epocali), ho deciso di lasciare la mia famiglia: marito, figlie e genitori ormai anziani; sono salita sull’aereo e in 1 ora e 40 minuti ho lacerato la mia vita.

Sono arrivata al Nord ed ho ottenuto il ruolo. Quel Nord che non ci vuole e che ci chiama gli extracomunitari delle graduatorie, quel Nord che vorrebbe istituire delle graduatorie blindate per tutelare i propri iscritti storici, quel Nord che ci vede ormai tutti collocati nelle prime posizioni grazie a punteggi ventennali e che detiene il 45% delle immissioni in ruolo.
Quel Nord che garantisce non solo l’agognato contratto a tempo indeterminato ma anche quell’assistenza al figlio disabile che qui al Sud non avrebbe. Ma questa è un’altra storia di precariato e dolore familiare.

Cristina Conti