A Catania si protesta contro riforma “Buona Scuola”

CATANIA – “Abbiamo bisogno di uscire fuori da qui, dobbiamo risvegliare le coscienze assopite di chi non capisce che il sistema scolastico democratico e meritocratico è a serio rischio”.

Un grido colmo di speranza risuona tra le mura del cortile del provveditorato etneo, punto di riferimento e luogo simbolo per il personale delle scuole che già nel 2009, ai tempi della riforma Gelmini, aveva protestato fino all’ultimo, anche attraverso occupazioni e manifestazioni itineranti per tutte le città.

Accendere i riflettori sull’incombente pericolo di “snaturare la scuola pubblica”, è questo l’obiettivo dei tanti docenti accorsi in via Coviello questo pomeriggio. Dopo un primo appuntamento, lo scorso 30 marzo, alla prefettura di Catania durante il quale i manifestanti hanno presentato al prefetto il documento in cui si chiariscono sinteticamente i motivi dell’opposizione al disegno di legge sulla scuola, oggi si è dibattuto su quali potranno essere i futuri passi affinché l’elenco venga inoltrato al governo.

La protesta è animata dalla speranza del dibattito parlamentare durante il quale si dovrà discutere l’approvazione del decreto e durante il quale si vorrebbe venissero ascoltate le idee espresse sul documento che a sua volta è supportato da una raccolta firme.

“Noi troviamo incostituzionale la chiamata diretta del preside della scuola per l’assunzione di un docentedichiara Claudia Urzì, insegnante di sostegno e rappresentante sindacale unitaria della scuola Angelo Musco -. Se dovesse passare, sarebbe la fine dei criteri oggettivi secondo cui si stilano le graduatorie perché la decisione ricadrebbe nelle mani del dirigente scolastico chiamato a valutare i curriculum vitae”.

È proprio il criterio di meritocrazia su cui si è ampiamente dibattuto oggi pomeriggio perché si teme che i criteri di valutazione diventino discrezionali.

“I dirigenti scolastici potranno anche scegliere le materie da insegnare nei diversi istituti – aggiunge Urzì – e ciò senza valutare l’importanza decisionale degli organi collegiali che, per legge, andrebbero solo sentiti”. 

Anche la calda tematica delle assunzioni dei precari viene coinvolta nella riforma e nel documento di opposizione ad essa. “In Italia, per volere di una sentenza europea, è obbligatorio assumere quei precari che hanno conseguito 36 mesi di servizio – continua l’insegnante di sostegno – solo che questi lavoratori creeranno un unico calderone territoriale tra cui si sceglierà non per la creazione di una graduatoria bensì per la discrezionalità di cui sopra”.

In ultimo la professoressa Urzì ha elencato i progetti futuri del movimento.