A scuola di giornalismo con Giuseppe La Venia, intervista all’inviato della Rai per gli studenti del Marchesi di Mascalucia

A scuola di giornalismo con Giuseppe La Venia, intervista all’inviato della Rai per gli studenti del Marchesi di Mascalucia

MASCALUCIA – Un incontro di riflessione sui diritti umani e su cosa voglia dire fare giornalismo.

Questa è stata la giornata di oggi per gli studenti dell’I.I.S. Concetto Marchesi di Mascalucia(Catania), Dirigente Scolastica prof.ssa Lucia Maria Sciuto, che hanno avuto la possibilità di conoscere e parlare con Giuseppe La Venia, giornalista e inviato della Rai.

L’incontro – ospitato nel Santuario dei Padri Passionisti del centro etneo grazie alla disponibile ospitalità del Rettore Padre Emanuele Zippo – è scaturito dalla collaborazione fra i rappresentanti di Istituto degli studenti Angelo Alberti, Flavio Di Franco ed Elio Di Pasquale, il responsabile per gli studenti del tavolo per la tutela dei diritti umani Alessandro Marletta, la responsabile del Progetto PTOF (Ap 04) PTOLISS prof.ssa Agata Cullurà e i referenti del Progetto Namasté professori Giusi Corallo e Massimiliano Tirendi.

Beatrice Maddaloni della VC e Santo Romeo della VBC, in particolare, hanno avuto il piacere e l’opportunità di intervistare l’ospite da vicino.

In foto i due studenti e l’ospite

L’intervista

Che consiglio darebbe a chi vuole buttarsi nel mondo del giornalismo?

“Il primo consiglio è quello di sviluppare sempre di più la propria curiosità e la voglia di raccontare. Voi che avete la radio a scuola utilizzatela, perché è uno strumento che serve ad avere un confronto con l’altra parte. Il racconto giornalistico nasce proprio dalla necessità di un confronto e di raccontare la realtà”.

Quali sono le criticità dell’odierna comunicazione e com’è cambiata?

“Quando avevo la nostra età, c’erano dei punti di riferimento, come le grandi testate giornalistiche o i telegiornali, che fornivano le informazioni ufficiali. Oggi invece c’è un catalogo talmente vasto di notizie che si rischia di confondere quelle serie con le fake-news. La difficoltà odierna è dunque selezionare le fonti corrette e scinderle da quelle false”.

Qual è il ricordo più bello che conserva della sua carriera giornalistica?

Il mio ricordo più bello è legato a quando avevo 17 anni e nella mia città facevo le telecronache per la terza categoria calcistica. La gente al campo sportivo di Adrano veniva a vedere la partita e metteva gli auricolari solo per ascoltare la mia voce”.

L’anno scorso è stato inviato per la festa scudetto del Napoli. Riuscirebbe a descrivere il calore partenopeo?

Fuori da Napoli c’è la concezione che tutto ciò che abbiamo raccontato non esiste nella realtà. La verità è che quella festa andava oltre il calcio, diventando simbolo di una città intera. Due settimane fa sono stato a Napoli e nonostante la squadra non stia andando bene, tutti i quartieri sono ancora in festa, senza perdere la propria passione: Napoli ha semplicemente una magia diversa“.

È possibile fornire una visione assolutamente obiettiva in un contesto come la guerra?

“Premetto dicendo che non sono un inviato di guerra ma un cronista e quindi il mio operato è stato quello di andare sul campo e raccontare ciò che vedevo. Non ho dunque fatto analisi o giudizi legati a precedenti in quanto non competenza mia. Nessuno però mi ha mai censurato o detto cosa scrivere e dire“.

L’intelligenza artificiale potrebbe mai sostituire i giornalisti e la cronaca come la conosciamo?

“È una domanda che ci stiamo ponendo tutti in queste settimane e mesi. Io credo che fin quando noi andiamo sui posti, consumiamo la suola delle scarpe, viviamo e parliamo con la gente, vinciamo l’intelligenza artificiale. Se finiremo di fare questo verremo superati“.

Che cosa significa per lei fare giornalismo?

Per me fare giornalismo è essenzialmente raccontare. Credo che ci siano dei momenti in cui è importante raccontare e bisogna avere il dovere di farlo. Non ti dirò che è il lavoro più bello del mondo perché credo che ogni lavoro se fatto con serietà abbia un impatto sociale importantissimo“.

Qual è stato il suo percorso accademico?

“Contestualmente ai miei studi di Lettere Moderne ho cominciato a fare il giornalista ad Adrano. Ho cominciato dunque come radiofonico nella mia città, passando poi per Catania e da lì è iniziata una vera e propria scalata. Secondo me oggi per diventare giornalisti la principale strada è la scuola di giornalismo che però deve essere affiancata ad un lavoro pratico e sul campo”.

Come riesce a tenere la tensione nei momenti più critici?

“Ci sono stati dei momenti in cui ho cercato di estraniarmi pensando a schemi calcistici perché è ciò che amo e mi aiuta a distrarmi. In altri momenti come l’ultimo terremoto in Turchia, ho passato quelle notti di terrore cercando di focalizzarmi su cosa avrei fatto al mio rientro“.