Languishing, lo stato d’animo del 2021. L’esperto: “Ci si sente apatici, indifferenti a se stessi”

Languishing, lo stato d’animo del 2021. L’esperto: “Ci si sente apatici, indifferenti a se stessi”

CATANIA – Il Covid, come ormai noto, ha stravolto le abitudini quotidiane e ha anche condotto a fenomeni come il “languishing“.

Tutti sono stati investiti da un’ondata anomala di cambiamento delle proprie vite, determinando in tal modo una serie di conseguenze. Specie dal punto di vista psicologico numerose sono le situazioni da attenzionare attualmente.

Per capire, nello specifico, cosè il languishing e perché se ne sta parlando tanto abbiamo ascoltato più esperti del settore. A tal proposito è intervenuta la psicologa Valentina Calafiore di Catania.

Conosciamo il languishing

A tal proposito la dottoressa Calafiore spiega: “Languishing è un termine inglese che letteralmente si può tradurre in ‘languire’. Esso rappresenta uno stato d’animo caratterizzato dalla mancanza di gioia, di spinta vitale, una sorta di torpore atipico da cui ci si sente attanagliati e che non ci consente di provare piacere per i comuni stimoli della vita quotidiana. Coniato nel 2020 dal sociologo e psicologo Corey Keyes, il languishing rappresenterà l’emozione di base che ci accompagnerà nei prossimi anni. Se durante i primi mesi della pandemia le nostra emozioni sono state la paura e l’incredulità, evolutesi in speranza e coraggio, con il passare del tempo ci siamo ritrovati in una sorta di nebbia fitta, incapaci di vedere al di là del nostro naso”.

“Abbiamo iniziato a trascorrere le nostre giornate come in un rewind, dove il tempo, una volta nostro nemico perché ‘non ce n’è mai abbastanza’, è finito per tramutarsi in un non tempo sempre uguale e subìto. Nessuno è risultato immune dal languire, tutti abbiamo perso qualcosa di noi: progetti, obiettivi, persone care. Siamo precipitati in una sorta di ‘stato di attesa’ permanente. Di tutto ciò, purtroppo, se ne parla ancora ben poco: poca attenzione si sta ponendo sui danni psicologici che questa pandemia ha causato e di cui raccoglieremo i frutti molto probabilmente negli anni a venire. Nel mio lavoro, nella stanza di terapia, avverto questa passività, una sorta di noia, di abitudine“.

Quali sono le fasce di età maggiormente interessate dal fenomeno in questione

In merito a ciò la dottoressa Calafiore afferma: “In realtà nessuno è immune dal languishing, tuttavia credo che chi ne risulterà maggiormente colpito sarà la fascia adolescenziale. I ragazzi, nel pieno della loro crescita ovvero della conquista dell’autonomia fisica e mentale dagli adulti, alla ricerca del loro posto nel mondo, pieni di progetti e speranze, di sogni da realizzare, si sono trovati a tirare il freno a mano. Si è assistito a veri e propri fenomeni regressivi sia comportamentali sia psichici. Per più di un anno i giovani sono stati privati del confronto con l’altro e questo ha causato una chiusura evolutasi in apatia e noia. Sebbene i social abbiano mantenuto una finestra aperta sul mondo, dall’altro lato hanno determinato la creazione di falsi sé raffigurati in youtuber e influencer, mettendo così a dura prova la creazione di una identità unica e speciale, di un vero sé”.

“Per quanto riguarda gli adulti, di certo chi già in passato risultava meno resiliente e con bassi livelli di tolleranza alle situazioni stressanti nonché i più timidi e introversi, questi hanno subìto maggiormente il ‘languire’ determinato dalla pandemia. In generale ognuno di noi ha vissuto o continua a vivere questo vuoto interno, questa sorta di sofferenza nascosta, che blocca ogni tipo di slancio vitale, la messa in atto di un progetto, il raggiungimento di uno scopo, la creatività”.

Come capire se è il caso di affidarsi a un esperto?

L’esperta prosegue: “Quello che rende infido il languishing è che esso rappresenta uno stato al limite del patologico. Si pone al confine tra benessere e malessere psichico ed è proprio questo suo essere subdolamente inqualificabile che lo rende altamente pericoloso. Ci si sente apatici ma non troppo, giù di umore ma non abbastanza da pensare di dovere chiedere aiuto, un po’ più ansiosi, più facilmente irascibili, con qualche disturbo fisico in più magari su base ansiosa, ma non così importante da non consentirci di vivere le nostra giornate. Continuiamo a ripeterci che ‘quando la pandemia finirà tutto tornerà come prima‘. Credo che, come per qualsiasi tipo di patologia organica, la rapidità della diagnosi determini, spesso, una prognosi positiva. E allora intervenire ora significa evitare l’evoluzione in depressione, ansia e altri disturbi mentali. Certo, di questo non vi è ancora nessuna prova scientifica. Come per lo studio e la lotta contro questo virus, il nostro è un lavoro in itinere basato sull’osservazione ma ancora su pochi dati empirici”.

“Di certo rivolgersi a un esperto, uno psicologo, può essere di aiuto per la ripresa di una buona e sana funzionalità. Una sorta di rimessa in moto che permetta il riemergere delle risorse e abilità sopite a causa della pandemia. I segni che maggiormente devono accendere il nostro campanello di allarme in generale sono: un percepito abbassamento della spinta vitale; una scarsa motivazione; il non desiderare la compagnia altrui; scarsa concentrazione e un abbassamento delle prestazioni lavorative. Come accennavo prima, non ci si sente depressi ma neanche si sprizza di gioia, non ci si sente soli ma neanche si sente la necessità di ritrovarsi con i cari vecchi, amici e men che meno a cercarne di nuovi. Ci si sente non rassegnati ma indifferenti a se stessi e soprattutto a ciò che ci circonda“.

Quali sono le terapie più adatte?

La dottoressa Calafiore precisa: “Non trattandosi di un vero e proprio conclamato stato psicopatologico, di certo il miglior intervento è quello psicoterapico. Il setting terapeutico rappresenta lo spazio di eccellenza per sviscerare le emozioni sottostanti al languishing, prenderne atto e consapevolezza, un luogo in cui perdersi per poi ritrovarsi. Uno spazio in cui rimettere insieme i pezzi e ripartire con nuova forza”.

“Ritengo, inoltre, che il miglior attacco che si possa sferrare a questo stato sia ritrovare il piacere di mettere su un progetto, creare nuovi e rinnovati obiettivi. Ritrovare la motivazione e il gusto del ‘dedicarsi a’ senza darsi un tempo, ma riassaporando il piacere del fare e del sentirsi per questo gratificati. È importante sapere che non si è soli. Il langushing è uno stato d’animo assai comune e sono innumerevoli le persone che in ogni parte del mondo stanno provando le emozioni a esso riferite. Questo ci aiuterà a non sentirci la mosca bianca, a sapere che se decideremo di parlarne tante saranno le persone che insieme a noi condivideranno questo stato psico-emotivo che attualmente stiamo vivendo”. 

Ha già avuto dei casi? Si può fare una stima dell’andamento attuale e una previsione futura?

In relazione a ciò, Valentina Calafiore commenta: “Sì, a chiedermi aiuto sono soprattutto i giovani. Questi ultimi arrivano da me lamentando ansia a carattere per lo più di somatizzazioni, disturbi del sonno, difficoltà di attenzione e di concentrazione con conseguente abbassamento delle prestazioni scolastiche e lavorative, isolamento sociale spesso in risposta a una perdita di sicurezza nelle proprie capacità sociali e relazionali. Penso sia dovere di tutti noi che lavoriamo in ambito sanitario e di chi ci governa, iniziare fin da subito a investire sulla salute mentale. Non si può non tenere conto del danno psicologico che questa pandemia ha arrecato al mondo. Piccoli e grandi, nessuno ne uscirà totalmente indenne e, come dopo la fine di una guerra, non si può pensare di ricostruire senza aver prima tolto le macerie e bonificato quanto rimasto. Solo riconcimando il terreno delle emozioni e della salute psichica si potrà pensare a una nuova e solida ripresa”.

La stessa conclude: Mi permetta di terminare aggiungendo che, se è vero che il Covid ci ha tolto tanto, è anche vero che come tutte le esperienze forti e traumatiche ci ha anche insegnato tanto e non solo sull’imprevedibilità della vita, ma anche sull’importanza del nostro tempo, il tempo dedicato a noi e ai nostri affetti. Il Covid ha permesso di ritrovarci e con stupore scoprire nuovi aspetti di noi, nuove competenze e di rinnovare quelle che purtroppo per lungo tempo abbiamo tralasciato: creative, genitoriali, amicali, introspettive”.

Fonte foto: Pixabay.com