CATANIA – Recentemente, molte decisioni dei Tribunali e Corte convergono entrambe verso l’affermazione del medesimo principio: fratelli e sorelle, in caso di separazione, devono essere affidati allo stesso genitore. Principio già consacrato dall’art.8 della Convenzione europea per i diritti dell’uomo (CEDU) e ritenuto indisponibile dai provvedimenti in esame.
Preservare, distinguendo specificamente le aree di conflittualità e di crisi, ogni legame di fratellanza e sorellanza adottando provvedimenti che consentano piuttosto la prosecuzione e lo sviluppo di queste relazioni salva l’ipotesi in cui una rigorosa motivazione ne evidenzi il contrario interesse.
Imprimere l’idea della divisione in minori ancora in fase di totale evoluzione e crescita è una responsabilità enorme. L’equilibrio psico- fisico è preso in carico da ogni Autorità giudiziaria che nella valutazione del “supremo interesse dello stesso minore” giammai potrebbe assecondare vie traumatiche e dolorose quali quello di un allontanamento tra fratelli o sorelle in assenza di motivi che lo giustifichino. Equivarrebbe a scaricare sugli stessi il peso e la responsabilità di una separazione.
È stata questa la prospettiva seguita anche dalla Corte di Appello di Catania e dal Tribunale etneo. Quest’ultimo, in particolare, con una ordinanza si è spinto fino al punto di rifiutarsi di dar luogo “ad una pronuncia di divorzio a domanda congiunta non apparendo tranquillizzanti le condizioni relative al collocamento dei minori con riferimento alla frattura della fratria, laddove uno dei minori è collocato presso il padre e uno è collocato presso la madre e laddove nulla si prevede in concreto per garantire la frequentazione tra i fratelli se non un generico riferimento ad un futuro piano organizzativo degli incontri”.
È emblematica la via prescritta: criterio guida senza dubbio alcuno.
L’unione è parte integrante di uno sviluppo sano, equilibrato ed armonico. Ed è questa la valutazione che ogni tribunale è chiamato a fare quando vale a dire è chiamato ad indicare le modalità operative attraverso le quali rendere concreto il vissuto di minori tutelandolo da ogni potenziale interferenza e contrasto.
Assume la veste di diritto fondamentale la difesa della sorellanza e della fratellanza
È chiaro come a guidare il tutto all’interno di una logica familiare disgregativa per la questione segnata dovrebbe essere la grande complicità che fratelli e sorelle sono capaci di creare ammortizzando urti e scossoni che in una condizione di solitudine molto probabilmente verrebbero più accentuati ed esasperati fino al punto da diventare veri e propri pesi. È un processo identificativo e di reciproca legittimazione l’uno dentro il ruolo dell’altro/a e viceversa che mai dovrebbe trovare interruzione.
Creare unione nella disunione
Ed è proprio l’articolo 8 della Cedu che impone il rispetto della famiglia laddove recita segnatamente “ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza”.
La valutazione cui è chiamato il giudice è compito indubbiamente delicato e complesso. Di fondamentale aiuto sarà procedere ad ascoltare i minori coinvolti. Ed è stata la stessa Corte di Cassazione a ricordare la necessità, se del caso, di ascoltare anche un bambino minore di anni 12 ove capace di discernimento. Viene tenuto in adeguato conto dunque il diritto del minore ad essere partecipe delle scelte che lo riguardano.