Referendum, l’ombra dell’astensionismo in Sicilia. La parola ai catanesi

Referendum, l’ombra dell’astensionismo in Sicilia. La parola ai catanesi

CATANIA – L’attesa è quasi terminata. Domani inizieranno i due giorni dedicati al referendum abrogativo che vedrà milioni di italiani chiamati a votare su cinque quesiti che ci riguardano da vicino: quattro inerenti ai diritti dei lavoratori e uno relativo alla cittadinanza. Ebbene sì: ognuno di noi è chiamato a esprimere il proprio dissenso o consenso su questi cinque temi, in un esercizio che richiede coscienza, consapevolezza e, soprattutto, la volontà di contribuire a migliorare un Paese di cui dovremmo essere tutti fieri: la nostra Italia.

Eppure, l’astensionismo regna sovrano in una Repubblica che potremmo ormai definire senza voce. Una Repubblica che rappresenta la conquista di un popolo un tempo soggiogato dalle tremende grinfie di un tiranno, un dux che ha seminato violenza e raccolto sangue, genocidi e l’usurpazione della dignità umana.

Quante persone votano in Sicilia

I dati in Sicilia sono allarmanti: basti pensare all’affluenza alle ultime elezioni europee, ferma al 37,5%. Ciò che inquieta ancor di più è il ruolo dei giovani di oggi, futura classe dirigente, coloro che un giorno avranno nelle mani il destino — nel bene e nel male — del nostro Paese. Secondo quanto riporta il Consiglio Nazionale dei Giovani, lo scorso anno la percentuale di affluenza degli under 35 non ha superato il 47%.

È innegabile come questa indifferenza nei confronti della partecipazione alla vita democratica si acuisca in occasione dei referendum abrogativi, spesso percepiti non come strumenti di espressione, ma come tentativi di sabotaggio da parte dell’opposizione. L’ignoranza prende il sopravvento quando si sminuisce la base stessa della nostra Costituzione: il voto, senza il quale una democrazia perde sostanza. Basterebbe un semplicenoper esprimere il proprio dissenso, piuttosto che boicottare lo strumento che ci consente di far valere la nostra voce.

A tal proposito, noi di NewSicilia abbiamo condotto un’indagine tra i catanesi, analizzando principalmente tre fasce demografiche. Vediamo insieme cosa pensano dell’astensionismo studenti universitari, giovani lavoratori e over 50.

Gli studenti chiedono diritti

Adele, 19 anni, studentessa di Scienze e tecniche psicologiche, ha le idee chiare: “Votare, oltre a essere un diritto, è chiaramente un dovere. Soprattutto quando si tratta di quesiti che ci toccano da vicino, come quelli sul lavoro. Anche se non sono ancora una lavoratrice, ho bisogno che i miei diritti vengano tutelati. Per questo andrò a votare e lo farò in modo consapevole”.

Anche Andrea, 23 anni esprime un pensiero simile: “Penso che chi non vota rinunci a una delle poche possibilità reali che abbiamo di cambiare le cose. Anche dire ‘no’ è un modo per far sentire la propria voce”.

Damiano, 20 anni, è invece più critico verso chi diserta: “Non stimo chi decide di non andare a votare solo per non raggiungere il quorum. È una forma di sabotaggio della democrazia”. E ancora: “Il referendum è uno strumento prezioso. Rinunciarvi per disillusione è un lusso che non possiamo permetterci. È, dunque, fondamentale esprimersi, qualunque sia la posizione”.

La parola ai giovani lavoratori

Giulia, 29 anni, lavora come commessa in un negozio del centro: “Non votare è come dire che va bene tutto così com’è. E invece no, dobbiamo farci sentire. I quesiti parlano anche di noi, dei nostri contratti, della nostra stabilità lavorativa”.

 “La partecipazione è fondamentale. Rimanere indifferenti significa accettare passivamente le decisioni altrui, anche quando ci penalizzano”, afferma – invece – Federico.

Federico commenta con tono deciso: “Abbiamo l’obbligo morale di difendere ciò che è stato conquistato. I diritti non sono eterni: si mantengono solo se li esercitiamo”. Soprattutto in caso di Referendum, uno dei pochi “strumenti che abbiamo per intervenire”.

C’è chi è preoccupato per la precarietà

Carmen, insegnante di 61 anni, racconta: “Il referendum ci dà la possibilità di esprimere un’opinione e riflettere sul futuro. Da datore di lavoro, so quanto sia importante tutelare i dipendenti e creare condizioni dignitose”.

Agata, 47 anni, guarda con preoccupazione ai giovani: “Mi dispiace vedere tanta disaffezione. Il voto è una responsabilità che abbiamo verso le nuove generazioni, che vivono una precarietà che noi non conoscevamo”. “Chi non vota, poi non si lamenti. È facile criticare il sistema e restare a casa. Il vero cambiamento passa dalla cabina elettorale”.