Notarbartolo (Pd): “Bianco dimostri discontinuità dal passato e maggiore coraggio”

CATANIA – È il dissidente per antonomasia del suo gruppo consiliare e del Pd catanese. Niccolò Notarbartolo ha animato il dibattito politico cittadino costituendo un’opposizione interna pacata ma mordace in grado di mettere alle strette l’amministrazione su temi, proposte e sprechi. 

Consigliere in questi giorni è uscito l’house organ del Comune “Catania Comunica”. Cosa pensa della pubblicazione? È questa una corretta comunicazione istituzionale?

“Per me è un’operazione incomprensibile e di cui non si capisce la ragione e tradisce il significato stesso di comunicazione istituzionale perché non comunica nulla. Non si danno informazioni ai cittadini e contesto l’idea di base che il Comune possa essere un editore. In un momento di crisi così profonda per l’editoria, un mercato che vive di pubblicità, con un’altra pubblicazione si drenano le risorse per trasferirle a una società milanese. Questo giornale è strumento di propaganda politica e non di comunicazione istituzionale: su una trentina di pagine ci sono 48 foto del sindaco…”.

Sono ritornate prepotenti le voci di un rimpasto in giunta. Basterà cambiare assessori per cambiare passo?

“Il ruolo di assessore è importante ma lo strumento più importante è l’idea amministrativa espressa dal sindaco. Le difficoltà dell’amministrazione ci sono non soltanto per le persone scelte ma per le difficoltà nella visione di città che l’amministrazione vuole portare avanti. Ai tempi del mio dottorato intervistai il sindaco Bianco, allora senatore, sul Pua. Mi parlò di una visione della città che intendeva spostare l’asse di sviluppo nell’area sud. Allora vi era un’idea forte, condivisbile o meno, ma c’era. Adesso manca totalmente, manca la visione e manca una discontinuità con il recente passato”.

Proprio sul Pua la recente intercettazione tra Bianco e l’editore Ciancio ha creato un vespaio di polemiche e sembra che il sindaco rifugga alle domande su questo caso da parte della stampa. Cosa ne pensa?

“Non so se rifugge ma non credo che quella discussione sia normale tra un imprenditore e un politico. L’uomo politico non deve rassicurare un imprenditore sul fatto che un’istituzione abbia operato così come lui prevedeva. Sicuramente c’è una non opportunità politica, chiunque ha una idea delle dinamiche cittadine un giudizio definitivo penso che lo abbia già formulato”. 

Come sta Librino? Di questo quartiere in campagna elettorale si parla tanto salvo poi essere marginalizzato…

“Su Librino per la verità alcuni segni di attenzione sono stati dati, come l’istituzione di nuovi indirizzi scolastici e il Librino express con la razionalizzazione di una mobilità tra la città e il quartiere. Erano stati promessi gli orti urbani che potevano avere una valenza significativa importante ma dalla promessa alla realizzazione spesso passano anni, Una delle cose più belle è la porta della bellezza grazie all’impegno del mecenate Presti e dei bambini del quartiere. Nonostante sia stata chiesta non è stata data l’illuminazione pubblica notturna: questo è emblematico di un approccio spesso superficiale ai problemi di Librino”.

Come sta il Pd catanese? Spesso ci sono stati scontri interni molto pesanti che hanno condizionato il dibattito…

“C’è una balcanizzazione del partito che si è chiuso nelle segreterie politiche. È un problema locale ma non solo. Potrei fare l’ennesima critica al segretario provinciale ma le correnti non lo hanno aiutato ed esse ci sono perché il partito è debole e subalterno alla politica eletta. Il partito non è più luogo di formazione di un progetto politico”.

Si è parlato di sfiducia al suo capogruppo in consiglio D’Avola, com’è il rapporto adesso? Si riconosce nel suo riferimento consiliare?

“Con il capogruppo non abbiamo mai parlato di politica se non qualche rara volta. Mi ci riconoscerei se lui prendesse una posizione: ciò non è mai avvenuto e ho difficoltà a dire se mi ci trovo d’accordo o meno. Quando prenderà posizione lo potrò dire”.

Un bilancio di questa amministrazione? Cosa non va?

“Occorre dimostrare una reale discontinuità con il passato e ciò non è stato fatto. D’Agata riprende spesso il tema della discontinuità in consiglio ma sono i fatti che non la dimostrano, Catania ha bisogno di energie diverse e non di un modello che forse andava bene 25 anni fa, ma che non serve più oggi. Spesso la politica è troppo autoreferenziale e parla a sé stessa. Si continua con logiche antiche e sbagliate e si manca di coraggio”.