CATANIA – Due piani per salvare l’Amt, il secondo, il classico piano “B”, solo eventuale se qualcosa dovesse andare storto.
Proprio ieri si è tracciata la linea guida che – secondo gli auspici dei vertici dell’azienda, Lungaro e Barbarino, delle sigle sindacali Filt Cgil, Fit Cisl, Faisa Cisal, Ugl Trasporti, Uil Trasporti e dell’assessore al Bilancio Giuseppe Girlando – dovrebbe risollevare le sorti della partecipata.
Il primo piano d’azione prevederebbe un piano di risanamento con il pieno coinvolgimento della Regione che, come primo step, dovrebbe riconoscere i chilometri già percorsi dai mezzi in dotazione all’Amt per i 6,9 milioni già promessi (L’Amt ne chiese 8,6 ndr).
Se l’impegno non dovesse essere rispettato subentrerebbe il piano “B”, di certo non il migliore.
A quel punto, infatti, il comune, socio unico dell’Amt, sarebbe costretto a procedere con consistenti tagli delle linee e del personale addetto. Potrebbe essere necessario, onde evitare i licenziamenti (quantomeno in prima battuta), sottoscrivere contratti di solidarietà o accedere agli ammortizzatori sociali, magari a rotazione.
In tale ipotesi, tra gli oltre 700 dipendenti dell’azienda, circa 150 risulterebbero in esubero, con possibili ripercussioni negative sul loro futuro, oltre che su quello dell’azienda stessa che, a quel punto, rischierebbe seriamente il tracollo.
È evidente che l’Amt non navighi in buone acque e a confermarlo è proprio Barbarino che, al’incontro di ieri ha anticipato che “potrebbero concretizzarsi ipotesi di drastici tagli al servizio con gravissime ricadute sugli attuali livelli occupazionali”.
Excusatio non petita o inevitabile percorso naturale?