CATANIA – Penso che nell’attuale sistema sportivo nazionale si stia attraversando un periodo caotico nel quale le varie federazioni agiscono o tendono ad agire spinti da influenze di politica vera e propria, di politica sportiva o finanziari. Certamente questi tre aspetti tendono ad essere deleteri in un piano di sviluppo della cultura sportiva nel nostro Paese.
Quando collaboravo col Catania Calcio era il tempo della serie A e per essere più precisi, era il tempo in cui “regnava” Pietro Lo Monaco, nel bene e nel male. Egli era l’amministratore delegato del Calcio Catania dove, d’accordo con il presidente Pulvirenti, tutto sembrava filare liscio. Non sta a me, “ultima ruota del carro”, dare giudizi sul sistema e sulla direzione ed amministrazione della società. Sta di fatto che ai miei occhi di ultima ruota, tutto appariva chiaro nel vedere come tutti i settori fossero legati e gestiti, mediante un reticolo di dirigenti e tecnici che alla fine convergevano in un unico punto, rappresentato dal grande capo che si chiamava Lo Monaco.
Qualsiasi problema faceva capo a lui e la gestione del complesso settore dirigenziale e tecnico agiva secondo le decisioni sue. Qualsiasi problema da affrontare, alla fine faceva capo a lui e nessuno si azzardava a fare il contrario. Di ciò egli non approfittava, ma la sua parola definiva ogni cosa. Ci fu poi un momento di controversie interne e Lo Monaco andò via. Fu un caos, anche se apparentemente si era raggiunta una gestione più democratica. L’assenza del grande capo portò alla spartizione dei compiti, mancando la voce autorevole ed autoritaria nell’ambito della società. Come fanno gli animali selvaggi che marcano il proprio territorio con la propria urina, ognuno pensò bene di marcare il proprio territorio, come per rimarcare una ritrovata autonomia. Ma la mancanza di un coordinatore autorevole fece inceppare il meccanismo ed ognuno nella spartizione e nel marcare il proprio ambito di interesse, tendeva a far valere la propria autorità, cosa che prima non era in grado di fare. Così le collaborazioni diventarono ferruginose e ognuno credeva di essere padrone di fare come voleva.
Perché dico ciò? Voglio far notare come la mancanza di un Ente che stia al di sopra delle parti, complichi le cose, creando confusione. Fino a non molti anni fa il CONI gestiva tutto l’ambiente sportivo, compresa la formazione di base di quasi tutte le discipline sportive. Nel suo complesso egli aveva un nutrito gruppo di docenti specializzati che a tappeto, formavano i tecnici di tutto il reparto giovanile. Lo scopo era quello di creare cultura dal punto di vista della formazione di base e di dare un’impronta univoca in questa formazione: formatori di formatori e di tecnici ed istruttori sia nell’aspetto medico-fisiologico, sia nell’aspetto metodologico dell’allenamento e dell’insegnamento.
Un grande lavoro che aveva lo scopo di fornire cultura a tutti coloro che si accingevano a fare parte dell’attività sportiva. Il tutto, distinguendo ciò che serviva alle persone normali e non dedicate ad uno sport in particolare (bambini, adulti e anziani), a coloro che si avviavano ad un’attività sportiva, distinguendo le problematiche delle varie fasce di età e sesso. In tutti i corsi di formazione era il CONI a dare la base su come allenare e cosa, mentre, dopo, le varie federazioni intervenivano per dare ai futuri tecnici, i fondamentali di base dell’attività sportiva di interesse.
Certamente un lavoro enorme che non solo dava le basi tecniche e didattiche, ma lo scambio delle informazioni era anche in senso inverso, poiché il contatto con tecnici ed istruttori dei vari sport e con medici e psicologi, tendeva a migliorare le conoscenze e di conseguenza, le competenze degli stessi docenti: cultura, cultura, cultura. Questo mondo è crollato perché la politica, sportiva e non, ha completamente azzerato tutto ciò. Si è bruciato in poco tempo, un patrimonio di docenti altamente specializzati, che sono andati per vie diverse. Nel rinnovare senza una precisa scrematura, si eliminano anche gli aspetti positivi che vi erano; così ora, ogni federazione non fa più capo al CONI dava le direttive generali. Ora il CONI si deve interessare solo della problematica inerente le Olimpiadi.
E tutta la formazione che spandeva cultura nei vari sport, si è trovata senza una strada da seguire, pertanto ogni federazione, così come fanno gli animali selvaggi, hanno marcato ognuna, il proprio territorio di competenza e così fra “una pipì e l’altra” ognuno fa come gli pare. La cultura sportiva sull’attività di base non si fa più. Ogni federazione fa i suoi corsi, inventandosi ognuna una propria metodologia dell’allenamento e dell’insegnamento, nel caos più totale, una vera “Torre di Babele”.
Non si fanno più i corsi di formazione generale e specifica, ma solo dei convegni a pagamento e riservati solamente agli iscritti a quella determinata disciplina sportiva. Nell’agenda di programma esiste un aspetto che si chiama Sport e Salute. Il nome è tutto un programma ma fino ad oggi non si capisce quale è il suo compito, se per la massa della popolazione o una base per l’avviamento allo sport o per gli atleti anche di un certo livello. Quando i cambiamenti si fanno per eliminare i propri avversari politici che stavano al comando, si parte con il piede sbagliato e si continua a fare danni. Speriamo bene, perché al momento non si vede la fine del tunnel. A questo punto, ci starebbe bene la conosciutissima frase: “Si stava meglio quando si stava peggio”.
Alfio Cazzetta