CATANIA – Ad Amsterdam sono elemento “folkloristico”, tanto da essere colonna portante del turismo, seppur quello sessuale. In Italia non sono viste di buon occhio. In molti avranno capito che parliamo delle donne che praticano il mestiere più antico del mondo.
A Catania sono presenti da tantissimo tempo e, come nelle grandi città, fino al secolo scorso erano parte integrante della società e attrazione per chi frequentava il centro urbano. Tanta gente, fino all’attuazione della legge Merlin nel 1958, veniva dai paesi limitrofi, ma anche da altre regioni, per godersi la città e quello che offriva. E loro, molte delle quali nelle case chiuse, esercitavano il loro mestiere.
Poi, da quel famoso 1958, le cose cambiarono e le prostitute ebbero sempre più difficoltà a trovare spazio e, soprattutto, cominciarono a essere viste e considerate negativamente. Inoltre, il passare del tempo e la trasgressione aprirono le porte ai travestiti e agli omosessuali.
I travestiti oggi si trovano su tutte le strade principali della città, dal Viale Africa al Corso Sicilia e, ancora, alla circonvallazione. Ma, per essere sicuri di incontrarne qualcuno basta andare nell’antico quartiere di San Berillo.
Ma perché questa avversione? Alla fine, parlando con loro o incontrandoli durante il giorno, forse, non ci si accorgerebbe neanche della loro professione. E gentilmente, qualcuno ci ha concesso di raccontarci qualcosa.
Coma Franchina: una vita vissuta per le strade del quartiere. Un’infanzia difficile, in piena lotta con il padre, restio ad accettare la realtà e il fatto che al figlio non piacessero le donne. Frequenta le strade di San Berillo da 30 anni e ha visto cambiare molte cose.
“In questo quartiere – ci spiega – si stava bene. Non tutti lo apprezzavano, ma per molti era un modo per sentirsi a casa e lavorare. C’era tantissimo via vai di persone e noi riuscivamo a guadagnare qualcosa”.
Ma nel 2000 avvenne un fatto che cambiò volto al quartiere e la vita a molte prostitute: “Da quell’anno cambiò tutto. La retata delle forze dell’ordine ha costretto molte ad andarsene. Inoltre furono murate molte abitazioni e chiuse alcune vie di accesso. L’immagine di San Berillo ne ha risentito e sempre meno gente, oggi, passa di qua. Anche perché ormai le “ragazze” le trovi ovunque”.
Un lavoro fatto per consapevolezza di non riuscire ad avere altre occasioni, dettato dalla necessità e dalla voglia di vivere. Molte di queste donne, o uomini, portano con loro grandi valori, come la famiglia, l’amore, la fede. Franchina, per esempio, si dedica molto agli altri, fa volontariato: “Il fatto di essere visti male, di sentirsi emarginati, provoca dolore. E questo è molto brutto, siamo tutti uguali. Il Signore ci ha scelti per stare qui, non ha importanza la nostra condizione. E so che c’è tanta altra gente che soffre. E per questo mi sento di aiutarla”.
Dietro quei “costumi”, sotto quegli abiti, si nascondono persone dal grande animo. E domani, continueremo a vivere e conoscere meglio la società dei San Berillo.