Spese folli ed emulazione degli influencer: “Garantiscono appartenenza e identità a portata di click”

CATANIA – Il mondo in cui viviamo oggi è sempre più virtuale. Una società fatta di social network che ci permettono di avere contatti con chiunque in qualsiasi parte del mondo. Insomma, tutti siamo vicini a tutti.

Questo sistema di reti non solo ci consente di rapportarci con i nostri amici, o in generale con le persone della nostra cerchia, ma anche con coloro che un tempo erano personaggi irraggiungibili, i cosiddetti “vip”.

Uno dei social network più in voga tra i giovani è Instagram, piattaforma che consente di pubblicare foto seguite da brevi didascalie, il più delle volte formate da hashtag, ovvero contenitori di idee in cui vengono raccolte istantanee riguardanti un determinato argomento. Tramite questi hashtag, gli utenti cercano i contenuti di loro interesse.

Proprio su Instagram approdano numerose celebrità, che pubblicano anche foto personali, rendendo partecipi delle loro vite private i fruitori che hanno deciso di seguirli. Se una volta, però, le star erano solo quelle della televisione, del cinema o della musica, oggi il concetto di “famoso” si è ampliato.

Ognuno di noi praticamente può diventare persona degna di nota. Non è semplice, ma con un po’ di lavoro e sfruttando al massimo le potenzialità del mezzo, si possono ottenere buoni risultati. È così che sono nati i cosiddetti “influencer”, individui con un più o meno ampio seguito di pubblico che hanno la capacità di influenzare i comportamenti di acquisto dei consumatori in ragione del loro carisma e della loro autorevolezza rispetto a determinate tematiche o aree di interesse.

È diventato un vero e proprio mestiere, tramite il quale riescono a guadagnare postando foto e video in cui trattano un particolare tema o danno consigli e istruzioni ad esempio su make up e abbigliamento. Non è facile capire lo sviluppo di questo fenomeno, ma gli utenti li seguono in maniera quasi ossessionata, come ci spiega il dottore Davide Ferlito, psicologo catanese.

“Oggi viviamo in un mondo sempre più social e il flusso di informazioni che circolano in rete è estremamente ampio. Il nostro cervello è alla ricerca di una semplificazione della realtà circostante che trova proprio nei social network e negli influencer una potenziale risposta. In quest’ottica, nel decidere che prodotto acquistare o che stile di vita assumere, si cercano dei punti di riferimento affidabili che possano aiutarci a facilitare e rendere quanto più efficiente tale processo. A questo si associa la necessità, soprattutto per i più giovani, ma non solo, di trovare qualcuno che funga da specchio della propria identità, in cui proiettare e introiettare pezzi di sé. Gli influencer rispondono molto bene a questo bisogno, anche più dei cosiddetti ‘vip’, in quanto rispetto a quest’ultimi risultano più reali, genuini, vicini alla nostra quotidianità”.

Proprio perché ritenuti quasi nostri pari, entrare a fare parte di una determinata cerchia e, di conseguenza, emularli si pensa sia ancora più facile, facendo passare l’idea che tutti possono fare tutto. “Appartenere a un gruppo ha dei risvolti molto importanti a livello identitario – continua lo psicologo -. Se decido, quindi, di seguire un influencer, riconosciuto come autorevole e ricco di consensi nel gruppo con cui mi identifico, i margini di critica non sono così ampi in quanto ciò che dice è strettamente collegato alla mia identità e l’emulazione risulta l’alternativa più plausibile. In sostanza, garantiscono appartenenza e identità a portata di click”.

È talmente alto il desiderio di possedere ciò che loro hanno o pubblicizzano che a volte addirittura si arriva a fare spese folli solo perché l’hanno consigliato o semplicemente perché porta il loro nome, perciò pensiamo che di sicuro è un ottimo prodotto, senza badare alla reale qualità.

L’ultimo caso mediatico è quello delle bottigliette di acqua con la firma di Chiara Ferragni, che hanno fatto scattare la polemica sul web per il costo molto elevato, ma che allo stesso tempo sono state acquistate da molti consumatori. “Anche il marchio degli influencer è diventato riconoscibile – conclude il dottore Ferlito -. Nel complesso processo dell’appartenenza occorre, a sua volta, rendersi identificabili e il prodotto acquistato svolge il ruolo di rappresentazione del proprio appartenere. Non compriamo il contenuto, ma il contenitore a esso associato”.