LINGUAGLOSSA – Una notte di paura quella appena trascorsa nella zona compresa tra Linguaglossa e Piedimonte Etneo, nel Catanese, a causa delle scosse di terremoto che sono state registrate subito dopo le 2 e che hanno raggiunto livelli di magnitudo poco al di sopra del terzo.
Un’attività quella al di sotto delle superfici dei paesi che sono sulle più alte pendici dell’Etna che negli ultimi mesi, a partire dalla famigerata notte di Santo Stefano, continua a porre – a chi risiede da quelle parti – diversi interrogativi su possibili eventi sismici che si potrebbero verificare in futuro.
Quanto accaduto circa otto ore fa ha avuto luogo su una struttura tettonica molto estesa, tra le più attive del mondo, e il movimento registrato rientrerebbe nella normalità, anche se la localizzazione è stata molto in superficie. A darne conferma è Marco Neri, esperto vulcanologo dell’Ingv, Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia di Catania, che sottolinea anche come l’attività eruttiva in certi casi sia determinante.
“Si è trattato di un piccolo sciame – spiega Neri – dato l’arco di tempo relativamente breve in cui le scosse si sono verificate. La faglia coinvolta è quella della Pernicana, un sistema che parte dalla zona di nord-est, all’altezza di Piano Provenzana, e arriva a fino a mare, nella zona di Fondachello. Misura quasi 20 chilometri, probabilmente prosegue anche sotto il livello del mare, rappresenta il margine settentrionale del blocco che scivola verso il mare, al fianco orientale dell’Etna, ed è tra le faglie più attive del mondo. Il movimento rientra quindi nella normalità, anche se si tratta di scosse molto superficiali e la gente che abita tra Linguaglossa e Piedimonte Etneo le percepisce come violente. Fino a quando si tratta di scosse singole o sciami che durano qualche ora e poi si fermano non c’è da preoccuparsi. La cosa diventa invece davvero pericolosa quando ci sono eruzioni in corso. Questo movimento di faglia può produrre anche scosse più grosse, superiori a magnitudo 4″.
Lo sciame sismico però non è del tutto estraneo al contesto che ha scatenato il terremoto del 26 dicembre, in quanto “stiamo vivendo un periodo – conclude Neri – in cui il vulcano è sollecitato parecchio a deformarsi. Il fianco orientale si muove con una certa velocità verso mare e tutte le strutture tettoniche che bordano questo settore che si muove. Quando vanno sotto stress raggiungono un punto di rottura e cedono producendo queste scosse”.