Rete ospedaliera e sanità in Sicilia: tempi maturi per una svolta?

Rete ospedaliera e sanità in Sicilia: tempi maturi per una svolta?

CATANIA – Problema sanità in Sicilia, una questione che da un anno a questa parte fa piuttosto discutere, anche a causa di incresciosi episodi di violenza nei confronti del personale sanitario accaduti soprattutto nelle ore notturne e del famigerato problema delle assunzioni, che negli ultimi anni è diventato sempre più di difficile risoluzione a causa di una crisi economica senza precedenti.

In Sicilia la rete ospedaliera vanta non poche strutture, basti fare il conto di quelle presenti tra Palermo e Catania per rendersi conto di ciò. Ma nonostante tutto questo ancora il malcontento regna sovrano tra le bocche degli utenti, in virtù del fatto che diversi ospedali non sono affatto provvisti di determinati reparti e la vicinanza in termini territoriali non è un fattore che influisce più di tanto a loro favore.

Il caso più eclatante degli ultimi tempi lo abbiamo avuto all’ospedale di Paternò, in cui sono stati a rischio chiusura il pronto soccorso e il laboratorio d’analisi, e le forze politiche si sono battute per evitare che ciò avvenisse, in relazione soprattutto al vastissimo bacino d’utenza che il presidio ospedaliero copre, con diversi paesi della provincia di Enna, oltre a quelli del versante occidentale della provincia etnea. A ciò si aggiunge anche il problema legato alla dismissione di alcune vecchie strutture, come l’ospedale Ascoli-Tomaselli a Catania, un tempo vero e proprio punto di riferimento sanitario per la zona nord della città e che una volta venuto meno ha lasciato perplessi molti utenti. Completano il sontuoso quadro la carenza di personale che a sua volta genera un clima di sfiducia tra il pubblico e i medici, la mancata apertura delle nuove strutture, tra cui l’ospedale S. Marco nel quartiere di Librino a Catania, il difficile adeguamento di esse alle norme antisismiche e la recentissima introduzione del numero unico per le emergenze 112 che ha generato non poche lamentele, malgrado gli organi preposti si stiano attivando per renderlo sempre più efficiente.

Per saperne di più abbiamo sentito il segretario regionale Cimo Sindacato dei Medici Riccardo Spampinato che ci ha mostrato come la situazione non sia affatto semplice, malgrado negli ultimi tempi si siano fatti non pochi passi avanti. “L’approvazione della rete ospedaliera, che di per se è una cosa che si aggiorna continuamente – afferma Spampinato -, porta a evincere le piante organiche per assumere nuovo personale. L’iter burocratico è bloccato da ancora prima del 2012, i dipendenti che hanno un contratto a tempo determinato sono precari e molti reparti sono sottodimensionati. Qui in Sicilia siamo indietro anni luce, in quanto bisogna sempre sapere cosa fare per curare il paziente per il problema che ha e dove portarlo e il pronto intervento deve avere l’ambulanza medicalizzata”.

Riguardo la carenza di strutture, i loro costi e le norme antisismiche “gli ospedali hanno un costo condominiale – continua Spampinato – e costano anche quando non funzionano, vedi per esempio il pronto soccorso del Policlinico di Catania, non ancora inaugurato. Si devono rimodulare le strutture vecchie per renderle adeguate anche alle terapie di riabilitazione”.

Infine riguardo il problema delle aggressioni notturne e la chiusura di vecchie strutture “partiamo dal fatto che c’è un clima di sfiducia nei confronti del personale a causa della crescente malasanità – conclude Spampinato – e questa a sua volta è generata dalla mancanza di personale. La fiducia si ristabilisce in base anche all’efficienza delle strutture. L’Ascoli-Tomaselli ha chiuso per la mancanza del rispetto delle norme e per il trasferimento di buona parte dei medici nel Garibaldi nuovo. Il S. Luigi invece è stato trasformato in Pta (Punto Territoriale Ambulatoriale)”.

Il direttore nazionale formazione Fimmg Domenico Grimaldi ha espresso anche lui il suo parere in merito alla problematica. “Riguardo all’assunzione di personale sanitario in Sicilia – afferma Grimaldi – si tratta in parte di stabilizzare di personale sanitario precario già in servizio, oltre duemila figure professionali di varia tipologia. Le procedure stabilite prevedono poi assunzioni per scorrimento di graduatorie, già in atto esistenti, circa 1.500, per poi attuare mobilità del personale sanitario e nuovi concorsi, privilegiando le aree di urgenza ed emergenza”.

In merito al problema delle strutture, vecchie e nuove, il pronto intervento e l’adeguamento alle norme antisismiche “le maggiori città siciliane hanno in linea di massima comuni problemi organizzativi, derivanti in parte dall’attuale carenza di personale in servizio – continua Grimaldi -. Tale carenza, dove presente, dovrebbe trarre giovamento dal provvedimento di autorizzazione regionale di stabilizzazione, scorrimento graduatorie, mobilità e nuovi concorsi, pur necessitando in verità anche di un cambiamento culturale riguardante una migliore organizzazione di sistema in rete non solo teorica nell’intero territorio siciliano. Riguardo il pronto intervento sanitario occorre differenziare il sistema di urgenza emergenza territoriale 118, mentre per il classico pronto soccorso ospedaliero-territoriale merita attenzione l’organizzazione, che va comunque migliorata incrementando le risorse usate anche al fine di adeguare le strutture ospedaliere. Il problema di fondo consiste nella mancata o non funzionante rete tra territorio e ospedale, con un’inadeguata integrazione e continuità della assistenza, la più grande causa dell’abuso e intasamento dei presidi sanitari ospedalieri. La carente presa in carico delle persone malate, costituite prevalentemente da anziani con molte malattie croniche seppur accompagnata ad altre motivazioni di ben altra tipologia determina di fatto un inappropriato uso dei presidi di pronto soccorso ospedalieri, gestibile solo con il miglioramento dell’efficacia ed efficienza del sistema sanitario, che presenta carenze sia sul piano strutturale che organizzativo e di personale in atto impiegato. Riguardo alle norme antisismiche non può che rilevarsi che fatto, a parte il nuovo ma ancora chiuso S. Marco, costruito secondo i più moderni criteri, tutte le altre strutture sanitarie in linea di massima hanno bisogno di interventi più o meno significativi importanti perché si tratta di servizi indispensabili per la salute e la vita dei cittadini”.

Proprio il nuovo ospedale S. Marco sulla bocca di tutti da anni è un vero e proprio rebus. “Per quanto riguarda il nuovo presidio ospedaliero S. Marco – conclude Grimaldi – il problema principale ora consiste nella messa in campo delle importanti risorse necessarie per renderlo efficacemente operativo, in quanto sprovvisto di una pianta organica autonoma. Il personale sanitario, tecnico e amministrativo necessario dovrebbe provenire dalla riorganizzazione delle altre strutture ospedaliere nella nostra provincia e dal trasferimento di divisioni e servizi dello storico ospedale Vittorio Emanuele che andrà chiuso, con non poche difficoltà come dimostrano i fatti ed i contrasti in proposito evidenti. Il pronto soccorso del policlinico come noto è strettamente collegato al funzionamento ed apertura del nuovo ospedale S. Marco, in considerazione del fatto che il policlinico universitario richiede il trasferimento dell’intero organico del pronto soccorso del Vittorio Emanuele per aprire il suo pronto soccorso già pronto. La prima difficoltà consiste nel reperire l’organico intero del pronto soccorso del nuovo S. Marco che si troverebbe così senza il suo personale di pronto soccorso. Si comprende come la nuova struttura ospedaliera, senza organico proprio, incontra un’ulteriore difficoltà all’apertura. Non trascuriamo il fatto che il policlinico deve avere il suo pronto soccorso, già realizzato meglio se con organico proprio e in autonomia, e così sarebbe auspicabile evitare di sguarnire il centro storico privandolo di una delle strutture di urgenza con maggiori accessi e meglio funzionante. L’utilizzo e la restituzione alla popolazione delle importanti aree dismesse attiene alla competenza del Sindaco e della amministrazione comunale, per cui ritengo che in merito sia opportuno un approfondimento delle forze sociali e politiche prima di esprimere giudizi. Infine il grave problema delle aggressioni nei servizi di urgenza e pronto soccorso ospedalieri è una questione purtroppo comune a tante realtà nazionali e internazionali derivante da un insieme concomitante di fattori di varia natura. Il problema principale è il diverso contesto e ruolo sociale in cui oggi operano tutti gli operatori del sistema sanitario. La sicurezza assoluta naturalmente non esiste ma il mutato ruolo sociale determina se inserito in un sistema carente molte occasioni di attrito fra gli utenti del servizio e gli operatori sanitari che lavorano naturalmente in prima linea in condizioni difficili al di là della sede e della condizione sociale degli utenti fruitori del servizio. Occorre agire quindi su molteplici aspetti migliorando le strutture, le risorse umane a disposizione, la dovuta necessaria formazione alla difficile tipologia di servizio per creare i migliori rapporti possibili con le persone un’efficace relazione in grado di disinnescare possibili contrasti di qualsiasi origine”.