Prostituzione: quell’accordo con le famiglie nigeriane e l’imposizione all’obbedienza

CATANIA – Piccole ma già grandi. Corpi esili ma formosi, buoni per solleticare gli istinti sessuali degli uomini che da quella strada statale 417 passano quotidianamente in auto. 

C’era l’anziano come il giovane, c’era l’uomo sposato come il single. In molti ne sfruttavano il corpo in cambio di denaro. Anche se loro erano piccolissime: 16 anni o poco più.

Eppure queste piccole ma grandi donne dovevano ubbidire. E non solo ai magnaccia ma anche alle famiglie. La povertà, la guerra, la disperazione, la paura avevano piegato questi genitori che, seppur con la morte nel cuore, avevano accettato con consapevolezza di mandare le proprie figlie dalla Nigeria in Libia, alla volta dell’Italia.

Gli accordi con gli sfruttatori erano stati chiari: “In Sicilia vostra figlia si prostituirà”.  

E ogni volta che qualcuna di loro provava ad alzare la testa, a ribellarsi a quella terribile vita catanese, il telefono squillava subito. Erano proprio i familiari ad intimare il silenzio e l’obbedienza alle proprie figlie.

Ad avvertirli ogni qualvolta qualcuna di queste otto ragazze nigeriane si opponevano agli ordini erano proprio i vertici dell’organizzazione criminale che questa mattina è stata smantellata dalla squadra mobile di Catania, coordinata dal dirigente Antonio Salvago. E così in 6 sono finiti in carcere.

Anche lì dove riuscivano a fuggire, erano sempre i genitori a richiamarle all’obbedienza temendo di essere colpite dalle disgrazie del rito JuJu della Madame.  

Giorgia Mosca

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