CATANIA – “Per incidere – afferma Alfio Turrisi – più efficacemente sulla piaga dello sfruttamento dei lavoratori immigrati, occorre sia trovare presto una soluzione logistica alla loro sistemazione abitativa sia perseguire penalmente anche le aziende che utilizzano i caporali“.
Queste le parole di Alfio Turrisi, segretario generale della Fai Cisl Catania, dopo la denuncia fatta qualche giorno fa dai carabinieri del Nil a carico della coppia di romeni, ai vertici di una cooperativa di Paternò, per “violazioni connesse agli obblighi del datore di lavoro e del dirigente, nonché del reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro“.
Le dichiarazioni di Alfio Turrisi, segretario della Fai Cisl Catania
“A Paternò – spiega Turrisi – non basta sgomberare l’accampamento di contrada Ciappe Bianche, ma occorre trovare velocemente un’alternativa alla sistemazione abitativa dei lavoratori. La perdita ulteriore di tempo nel trovare una soluzione produce sempre più lavoratori irregolari e sfruttati. Invece, il loro inserimento in un contesto abitativo più adeguato e definito, e comunque in un’area meglio sistemata logisticamente, come già chiesto dal Prefetto, li renderebbe meglio controllabili e difendibili dallo sfruttamento da parte di caporali e di datori di lavoro senza scrupoli che verrebbero in qualche modo scoraggiati nella loro attività illegale.”
“Rispetto a quest’ultima questione – aggiunge il segretario della Fai Cisl catanese – elogiamo l’azione meritoria dei carabinieri e di tutte le forze dell’ordine per reprimere l’iniquo fenomeno dello sfruttamento dei lavoratori, specie se in stato di necessità. Nello stesso tempo, chiediamo alle istituzioni preposte che, oltre a perseguire i “caporali”, si agisca anche nei confronti delle aziende alle quali questi si appoggiano. L’azione sanzionatoria nei confronti del solo caporale, infatti, finisce per diventare riduttiva e non risolverebbe del tutto il problema. Mentre occorrerebbe andare a verificare dove viene trasportata la merce raccolta e sanzionare l’azienda che utilizza il caporalato per complicità nei confronti dello sfruttamento del lavoratore“.
“Oltre tutto – conclude Turrisi – ne viene anche un quadro di concorrenza sleale e di distorsione del mercato, dove un’azienda può permettersi di offrire merce a prezzi più bassi perché sfrutta manodopera a basso costo e non tutelata, a svantaggio di un’impresa che osserva le norme e le tutele dei lavoratori“.