Il comando dietro le sbarre, gli omicidi e la droga: il boss Salvatore Rapisarda

CATANIA – La detenzione in carcere non rappresentava un ostacolo, specialmente grazie alla collaborazione dietro le sbarre e fuori di uomini fidati. Questo il primo aspetto emerso grazie all’operazione “En plain 2” condotta dai carabinieri di Catania.

Grazie a una fitta serie di indagini e alle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, Franco Musumarra e Orazio Farina, i militari hanno arrestato 19 persone appartenenti al “gruppo di Paternò”, facente parte della famiglia mafiosa Laudani.

A loro carico pendono le accuse di associazione finalizzata al traffico e allo spaccio di stupefacenti, tentata rapina, porto e detenzione illegale di armi e associazione mafiosa.

Il monitoraggio dei vertici criminali ha evidenziato come Salvatore Rapisarda, a capo dei Laudani e del “gruppo di Paternò” insieme a Vincenzo Morabito, continuasse a gestire il sodalizio nonostante fosse rinchiuso in carcere. Il tutto coadiuvato da Alessandro Giuseppe Farina, anch’egli detenuto, e che aveva il supporto della moglie Vanessa Mazzaglia, del suocero Antonino Mazzaglia e del nipote Emanuele Lucio Farina.

Questi ultimi tre, infatti, seguivano attentamente le direttive che venivano date per la gestione del gruppo criminale, al momento capeggiato da Vincenzo “U squalu” Marano, nominato da Rapisarda.

Lui aveva il ruolo di gestire le finanze e di assicurare il mantenimento delle famiglie dei detenuti. Oltre a quello di distribuire gli stipendi agli associati e di gestire le piazze di spaccio a Paternò e Santa Maria di Licodia. Proprio la vendita della droga era la principale fonte economica e vedeva nella cocaina e nella marijuana gli stupefacenti principali, alcuni dei quali provenienti dalla Calabria.

Inoltre, grazie alle indagini, è stato possibile individuare anche le nuove leve del gruppo criminale.

Salvatore Rapisarda

Infine, è stato possibile anche ricostruire una tentata rapina a mano armata in un distributore di carburante di Paternò, avvenuta lo scorso 30 dicembre. In quell’occasione, Emanuele Farina e Samuele Cannavò avevano fatto irruzione sparando anche dei colpi intimidatori in aria.

L’operazione di oggi rappresenta il proseguo di quella eseguita l’8 aprile del 2015, nel corso della quale furono fermate 16 persone appartenenti ai Laudani e ai Santapaola, famiglie mafiose da tempo contrapposte. Nello specifico furono individuati il mandante e gli esecutori dell’omicidio del boss dei Santapaola, Salvatore “Turi Paredda” Leanza, avvenuto a Paternò il 27 giugno del 2014, e del tentato omicidio di Antonino “U sciallarese” Giamblanco, avvenuto a Motta Sant’Anastasia il 30 luglio dello stesso anno.