Ad un anno dalla morte di Giulia Cecchittin è finito negli atti dell’inchiesta un diario della studentessa che elencava alcuni motivi per restare sentimentalmente lontana dal suo omicida, Filippo Turetta.
Li aveva annotati tutti ma terminava scrivendo “era il mio amore“.
No, Giulia. Lui era un Disamore – replicano in coro unanime tutti gli alunni di un Istituto superiore del Catanese, che il giorno 26 si sono riuniti numerosi attorno alla loro “Panchina rossa vivente“.
Di cosa si tratta?
È una bellissima iniziativa voluta dall’Istituto in questione con la partecipazione attiva dell’associazione” io sono Giordana”.
La panchina rossa che è notoriamente il simbolo del femminicidio e indica il vuoto che la donna uccisa ha lasciato a tutti, diventa un diario sociale sul quale i giovani possono scrivere liberamente i propri pensieri, un luogo di connessione con gli altri giovani, un punto di riferimento per chi come Giulia ha bisogno di essere aiutata.
Monsignor Barbaro Scionti ha aperto i lavori dell’Auditorium ricordando che la violenza è un dramma autentico ma che non dobbiamo perdere la speranza . “Essa – ha detto – è vedere la luce anche se c’è il buio.
La panchina rossa non è in grado di parlare perché è di acciaio.
Ma è necessario che chi si sieda su quella panchina, inizi un percorso serio, lungo e con un atteggiamento diverso“.
L’avvocato Elena Cassella, da anni sul campo nel diritto alle relazioni affettive, ha continuato dicendo che per agevolare questo percorso sarebbe necessario introdurre nel programma scolastico l’educazione affettiva e l’educazione finanziaria dalle elementari. Ha parlato ai giovani della importanza della competenza, evidenziando la necessità di rendere obbligatoria e capillare la formazione per avvocati, magistrati, forze dell’ordine, operatori ospedalieri.
La dott.ssa Roberta Bennanti ha risposto alle tantissime domande degli alunni sulla violenza psicologica e su come riconoscere un rapporto malato.
Vera Squadrito dopo aver evidenziato la necessità di saprer ascoltare, ha dato la sua emozionate testimonianza di madre di Giordana in memoria della quale ha fondato l’associazione “io sono Giordana”.
Associazione presentata dalla psicologa, dott.ssa Giusy Milone che ha parlato della forte esperienza dell’accoglienza di donne vittima di violenza.
Ha dato i suoi saluti l’amministratore Laura Iraci.
Ha concluso l’avvocato Cassella coordinatrice dell’evento puntando l’attenzione sulla necessaria alleanza tra i sessi nella battaglia contro la violenza di genere. “Bisogna lavorare insieme per ripensare alla cultura dell’amore e alla cultura del rispetto reciproco, per costruire un futuro in cui nessuno debba avere paura“.
“Perché – ha salutato Monsignor Scionti – non una in meno abbia con il coraggio della libertà la possibilità di vivere una la libertà coraggiosa“.
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