Francesco, il “profumo amaro” della polemica online quando il dolore viene ignorato

Francesco, il “profumo amaro” della polemica online quando il dolore viene ignorato

CATANIA –  Quando si tratta di far polemica, gli utenti sui social sono sempre in prima linea. Anche quando il cuore di un giovane cessa di battere.

Francesco aveva 22 anni. Era un fiore pieno di vita che rifletteva giovinezza. Una purezza d’animo che ha dimostrato con la sua famiglia, con gli amici, con la squadra di football con cui giocava. E domenica, la notizia sul giornale: “Morto a Polignano a Mare un 22enne catanese: si era tuffato dalla scogliera”. Un tuffo che “sprigionavagioia di vivere, ma che si è rivelato un dramma.

Piomba il silenzio. Crolla, dal baratro delle certezze, quel briciolo di speranza di poter far tornare il ritmo sinusale. Uno di quei silenzi che fa rumore, che gela il sangue, che stringe la gola. Catania ha perso uno spirito di ilarità e felicità pura. E certamente il suo ricordo rimarrà per sempre vivo nei cuori di chi l’ha desiderato, l’ha voluto bene – e persino di chi non lo conosceva, che ora scoppiano di dolore.

Il dolore silenzioso e il “veleno” sui social

Cuori distrutti – mi vien da dire – da quelle “serpi da tastiera” che abusano della libertà d’espressione per seminare veleno, senza pensare alla tragedia che hanno vissuto e stanno vivendo coloro che gli sono stati vicini. Dai genitori Giampaolo e Ilia, ai fratelli, agli amici con i quali stava condividendo quelli che sarebbero dovuti essere i giorni più spensierati delle loro vite.

Commenti come “Se l’è cercata”, “Non si sa che è pericoloso?”, “Non ha pensato alle conseguenze”, “Poteva evitarlo” regnano sovrani nei canali in cui basta nascondersi dietro lo schermo per apparire.

Una tragedia che per molti “profuma” di gossip, di intrattenimento, di desiderio di “like”. Nemmeno di fronte a una vita spezzata ci si ferma a riflettere, compatire l’angoscia, meditare su quanto la vita sia fragile, su quanto scivoli, come sabbia da un setaccio, senza che sappiamo dove finirà.

Parola alla dottoressa Gentile: “Molte volte un meccanismo di difesa. Bisogna creare spazi di silenzio, ascolto ed empatia”

È proprio questo il tema che, noi di NewSicilia, abbiamo voluto affrontare con la psicologa Valentina Gentile. La dottoressa ha spiegato che, in molti casi, si tratta “di un meccanismo di difesa: attraverso l’attacco o il gossip, l’individuo cerca inconsciamente di allontanare da sé il senso di vulnerabilità e l’angoscia legata alla morte”.

Questo perché sui social “la distanza, l’anonimato e l’immediatezza della comunicazione trasformano spesso le emozioni più difficili da sostenere in polemica, giudizio o aggressività“. Un atteggiamento che, purtroppo, si trasforma in un circolo vizioso, dove il dolore altrui diventa merce per attirare attenzione, senza rispetto, senza pietà.

Motivo per cui in questi momenti “sarebbe invece necessario creare spazi di silenzio, ascolto ed empatia. Ogni parola pubblica dovrebbe restituire dignità al dolore, senza ridurlo a spettacolo”, come ha sottolineato la dottoressa Gentile. Il dolore non è uno show. È la sofferenza di chi rimane, di chi ha vissuto un legame, di chi si trova a dover fare i conti con l’assenza.

Verso il binomio “leggerezza-coscienza”

Ed è qui che entra in gioco il giornalismo: con l’informazione, che aiuta a sviluppare quel senso di coscienza che dovrebbe far “binomiocon leggerezza. Si tende a ridurre la morte di una persona a un fatto di cronaca sterile, senza considerare che dietro ogni vittima – e in questo caso Francesco – ci sono affetti spezzati, cuori frantumati.

Ebbene, almeno davanti alla morte, il silenzio e il rispetto dovrebbero avere più spazio della polemica. Il rischio è sottile quanto crudele: perdere di vista la vita spezzata di un ragazzo e la sofferenza di chi resta.