CATANIA – Su delega della Procura Generale della Repubblica di Catania, i carabinieri del Nucleo Investigativo del comando provinciale di Catania hanno eseguito un ordine di carcerazione nei confronti della 48enne misterbianchese Barbara Bregamo, dovendo la stessa scontare una pena residuale definitiva di 13 anni di reclusione.
Il provvedimento restrittivo, conseguente alla pronuncia della Corte Suprema di Cassazione del 6 dicembre scorso, riguarda il coinvolgimento della donna nei fatti di sangue risalenti al 2001 e 2002, ovvero nel tentato omicidio e nel successivo assassinio dell’allora compagno convivente Santo Giuffrida, di 65 anni, delitto commesso per mano di complici, ricompensati con denaro e beni materiali.
In merito al primo fatto criminale, avvenuto la notte del 21 gennaio del 2000, Santo Giuffrida, mentre si trovava in compagnia della compagna Barbara Bregamo, conosciuta come “la vedova nera di Misterbianco”, è stato aggredito da uno sconosciuto armato di coltello – che all’esito delle indagini è stato identificato in Francesco Giuseppe Indorado – che lo attinse con diversi fendenti. La vittima tuttavia, grazie alla sua pronta reazione, riuscì a salvarsi, costringendo l’aggressore alla fuga.
Successivamente, dopo circa un anno dal tentativo di omicidio, precisamente il 10 dicembre del 2002, l’uomo spirò per cause che all’epoca dei fatti, furono ritenute naturali. In particolare in quella occasione, i sanitari intervenuti sul posto credettero che la morte fosse stata determinata da un infarto fulminante.
In tale contesto, nel 2017, a seguito delle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Luciano Cavallaro, che si autoaccusò dei due efferati episodi delittuosi, pur senza specifici addebiti a suo carico, le indagini su tali eventi ebbero un nuovo impulso.
All’esito quindi della successiva attività investigativa effettuata dai carabinieri del Nucleo Investigativo del comando provinciale di Catania e dall’Aliquota carabinieri della Sezione di Polizia giudiziaria nella Procura Distrettuale etnea, vennero accertati i fatti, le circostanze e le responsabilità dei vari personaggi coinvolti nel sanguinoso delitto, evidenziando soprattutto il ruolo della Bregamo quale mandante dell’omicidio di Santo Giuffrida.
Dalle indagini emerse infatti come in un primo momento, la Bregamo ha ingaggiato Luciano Cavallaro, con il quale stava intrattenendo una relazione sentimentale e Francesco Giuseppe Indorato per uccidere il compagno. Lo scellerato piano delinquenziale tuttavia non è stato portato a compimento, a causa della pronta difesa e reazione dell’uomo.
Il disegno criminoso venne comunque realizzato dopo circa un anno, quando la donna assoldò nuovamente il Cavallaro, pagando i suoi servizi malavitosi con una costosa BMW e la somma di 20mila euro, prelevata da un conto cointestato con la stessa vittima.
Il Cavallaro, che in quella circostanza si avvalse della collaborazione del cugino Alfio Maugeri e di Antonio Zuccarello, entrò quindi nella notte nell’abitazione del Giuffrida, dopo che la Bregamo gli aveva aperto la porta, iniettando nella vittima, che stava dormendo sul proprio letto, un potente veleno per cavalli, per poi soffocarlo.
Tuttavia, attraverso la successiva attività tecnica curata dai carabinieri della Sezione di Polizia giudiziaria di Catania, è stata fatta luce sulla vicenda.
Nello specifico, in una conversazione con un suo amico, Antonio Zuccarello, evidentemente attanagliato dalla preoccupazione che la notizia prima o poi potesse emergere, confessò con dovizia di particolari le fasi salienti dell’omicidio, soffermandosi più volte sul fatto che avesse colpito la vittima con un’iniezione “velenosa“, per poi terminarlo con un successivo soffocamento a mani nude.
La donna è stata trasportata nel carcere di Catania Piazza Lanza.