Coronavirus Catania, ieri in piazza Università la protesta dei lavoratori dello sport

Coronavirus Catania, ieri in piazza Università la protesta dei lavoratori dello sport

CATANIA – A un anno dall’inizio della pandemia da Coronavirus, ieri mattina, in tante città italiane si sono svolte le manifestazioni dei docenti, degli studenti di Scienze Motorie, dei diplomati ISEF, delle lavoratrici e dei lavoratori del settore organizzata dal CISM.

La protesta è rivolta all’ultimo Dpcm del 14 gennaio che ha riconfermato lo stop per 80.000 professionisti e di oltre 6 milioni di italiani per praticare lo sport con l’assistenza di specialisti.

Alle motivazioni della protesta si aggiunge anche la richiesta della nomina di un Ministro dello Sport, che il governo Draghi ha cancellato, e la immediata calendarizzazione e approvazione del disegno di legge per l’insegnamento curriculare dell’educazione motoria nella scuola primaria.

A Catania la manifestazione si è svolta in piazza Università e ha avuto come testimonial Giusi Malato, ex capitano del Settebello rosa e pluricampionessa del mondo.

In piazza Università anche SLANG Catania, il Sindacato dei Lavoratori di Nuova Generazione dell’USB.

“L’attuale emergenza sanitaria – dichiara la sindacalista dell’USB Claudia Urzìha reso più visibili ingiustizie già presenti prima, come quella vissuta dalle lavoratrici e dai lavoratori dello sport che operano negli impianti sportivi nei vari ambiti delle attività volte al benessere fisico: fitness, piscina, sport da combattimento, istruttori di calcio, basket, pallavolo, body building e quant’altro. Le lavoratrici e i lavoratori dello sport sono per lo più inquadrati come “collaboratori sportivi” pur essendo di fatto dei dipendenti, cioè lavoratori subordinati: una vera e propria rimozione nazionale, un voluto “equivoco” alimentato da interessi economici tutelati da leggi ingiuste, come l’art. 67 c del Testo Unico sulle Imposte e Redditi del 22 dicembre 1985 che qualifica come redditi “diversi” (cioè non riconducibili al rapporto di lavoro) quelli erogati nel limite di 10mila euro, nell’esercizio diretto di attività sportive e società sportive dilettantistiche e lo stesso anche per i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa di carattere amministrativo e gestionale di natura non professionale. Questi rapporti non hanno alcuna tutela retributiva (minimi contrattuali, tredicesima, TFR) e non godono di alcuna copertura contributiva e assicurativa”.

“Si tratta quindi – continua la sindacalista dell’USB – di lavoratori che non avranno mai una pensione, che non ricevono alcuna tutela in caso di infortunio sul lavoro, in caso di malattia, di maternità e di ferie retribuite. Questo è frutto non certo dei DPCM sulla pandemia, ma di una vecchia concezione che accompagna il nostro ordinamento che contiene una rigida divaricazione tra attività sportiva professionistica e attività “dilettantistica”, considerando vere prestazioni lavorative solo quelle svolte in ambito professionistico, mentre quelle prestate nell’ambito dilettantistico vengono equiparate a prestazioni volontarie o comunque rese al di fuori di un rapporto obbligatorio”.

“Quindi – conclude Claudia Urzì- è necessario ridare vita al Ministero dello Sport ed istituire un Tavolo interministeriale con il Ministero del Lavoro e Ministero Sport e Salute, aperto alle parti sociali, per regolamentare le condizioni di lavoro nello sport, con la piena tutela retributiva, assicurativa e previdenziale per chi svolge queste attività”.