CATANIA – Ogni anno, nel periodo estivo, vi è una minore affluenza di donatori di sangue o emocomponenti in quanto comprensibilmente distratti da ferie e vacanze. Non a caso uno degli slogan delle varie associazioni di donatori è che “Se i donatori di sangue vanno in vacanza, purtroppo i malati restano ed hanno tanta necessità di trasfusioni”.
A intervenire ai microfoni di NewSicilia è stato il Dott. Giuseppe Castorina, Dirigente Medico di Medicina Trasfusionale a Catania.
Qual è il morale dei medici in questa situazione di emergenza?
La situazione è grave e il personale medico catanese ha già sollecitato diverse volte i donatori catanesi.
“Certamente i medici dei vari reparti vivono male la situazione in quanto, a stretto contatto dei pazienti, ne vivono le criticità o addirittura le sofferenze. Infatti non è piacevole dover dire ad un paziente programmato per un intervento chirurgico d’elezione (sono gli interventi chirurgici necessari ma non urgenti), magari in lista d’attesa da lungo tempo, che non possono essere sottoposti all’intervento per carenza di sangue“, racconta.
Prosegue: “Ma questo è il disagio minore di fronte a quello vissuto dai talassemici e dai pazienti con malattie del sangue croniche che necessitano di continue e periodiche trasfusioni di sangue. I pazienti talassemici necessitano, in media, di una o due sacche di sangue ogni 20 giorni circa; questo consente di mantenere valori di emoglobina entro limiti di accettabilità tali da consentire loro la conduzione di una vita lavorativa o didattica rapportabile ai lavoratori o studenti non talassemici. Allontanando, necessariamente le trasfusioni e trasfondendo meno sangue di quanto non sia necessario, ovviamente la qualità di vita si deteriora e ,oltre a star male (numerosi sono i disturbi conseguenti allo stato di anemia in cui si vengono a trovare), ne risente inevitabilmente la vita lavorativa e/o l’apprendimento scolastico (anche universitario)”.
Quanto è realmente grave la situazione?
“Quest’anno la carenza si è manifestata in maniera più grave degli anni precedenti. Non ritengo che sia dovuto ad una causa diretta del periodo COVID, ma quale concausa indiretta per la pressante necessità di evadere, di viaggiare e di divertirsi. Probabilmente conseguenza dal fatto che in pieno periodo, più grave, della pandemia non è stato possibile frequentare luoghi pubblici di svago, di divertimento o di ristoro (ristoranti, bar, teatri, cinema, ecc.). Per situazione grave si intende una carenza di sangue tale da garantire, alcuni giorni, a stento le necessità di una eventuale emergenza. Pure grave, come accennato sopra, non potere soddisfare le necessità dei malati cronici che, con disagio, si anemizzano tanto da essere sintomatici (astenia, calo della concentrazione, difficoltà ad attendere alle normali attività quotidiane sia al lavoro, all’università, che in ambiente domestico)”, racconta.
“Detto così non sembra poi tanto grave – aggiunge il Dottor Castorina – ma per un attimo riflettiamo sul fatto che nessuno vorrebbe essere al posto loro, afflitti da disturbi sicuramente invalidanti, certi che l’estate anziché essere un periodo di vacanza e tranquillità diventi un periodo di maggiore sofferenza. Le conseguenze? Mancata trasfusione ai pazienti emopatici cronici (talassemici, leucemici, mielodisplasici,
ecc.). Sale operatorie deserte, a parte gli interventi urgenti ed inderogabili, con ulteriore allungamento delle già tanto lunghe liste d’attesa”.
E ancora: “L’incertezza di un immediato aiuto in caso di politraumi, aiuto che fino ad oggi siamo riusciti a garantire. Questa carenza di donazioni non riguarda solo Catania e Provincia, è un fenomeno generalizzato sia in Sicilia che in Italia, salvo alcune eccellenze. Per questo motivo non si può fare affidamento ad un aiuto da parte di altri Sevizi di Medicina Trasfusionale, aiuto che in caso di necessità non è mai mancato, ad eccezione della stagione estiva”.
Questa volta sono i medici a chiedere aiuto ai pazienti
“In passato, oltre venti anni fa, abbiamo vissuto periodi drammatici di assoluta carenza di sangue, mancava uno spirito e una mentalità ‘donazionale’. Pian piano, grazie a campagne propagandistiche effettuate sia a livello centrale, Stato e Ministero della Salute, che a livello locale da parte delle Associazioni di donatori, con il coinvolgimento dei mass media e con incontri in ambiente scolastico, partendo dalla scuola elementare, la conoscenza del problema ha fatto sì che sempre più nuovi donatori si accostassero alla donazione di sangue o di emocomponenti (piastrine e/o plasma) portando lentamente ad una situazione quasi di autosufficienza (ancora non raggiunta)”, spiega Castorina.
Conclude: “Ho notato che negli ultimi anni si è sempre meno fatto ricorso ad interventi di sensibilizzazione. Di fatto si sta assistendo ad un invecchiamento della popolazione dei donatori con una fascia oggi maggiormente rappresentata tra i 40 ed i 55 anni, in quanto pochi e sempre meno sono i giovani che si avvicinano alla donazione di sangue. Colpa della disinformazione? Colpa del fatto che non si affrontano queste problematiche sociali iniziando a parlarne già dalla prima infanzia? Forse, comunque qualunque sia il motivo le donazioni sono ad oggi insufficienti a soddisfare la richiesta. La richiesta è aumentata per l’invecchiamento della popolazione, aumento degli interventi chirurgici, oggi risolutivi per patologie che nel passato non era possibile curare”.
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