CATANIA – Dispositivi di protezione individuale insufficienti per il fabbisogno quotidiano di molti reparti Covid-19 in rapporto al personale/ricoverati, carenza di adeguata formazione del personale reclutato, documenti aziendali di valutazione del rischio non adeguati all’emergenza strutturale, difformità di contratti sottoscritti per il reclutamento del personale sanitario tra aziende. Adesso, a rendere ancora più difficile il quadro, la classificazione della Sicilia a zona arancione nel nuovo Dpcm.
Si tratta del grido di allarme lanciato dalla Cisl di Catania con le federazioni di categoria Cisl Medici e Cisl Funzione pubblica.
“La seconda ondata di contagi da Coronavirus – si legge nella nota della Cisl – sta mettendo a nudo le difficoltà della sanità siciliana e catanese in particolare. Se non si interviene con le dovute misure, c’è il rischio che a infettarsi sia tutto il personale medico, infermieristico e di supporto. È necessario un incontro urgente con l’Asp per fare chiarezza e stabilire una regia ben identificata e complessiva“.
“Comprendiamo la gravità della situazione emergenziale e non entriamo nel merito delle scelte delle strutture ospedaliere destinate al Covid-19 – dicono il segretario generale Maurizio Attanasio con i segretari generali provinciali Massimo De Natale (Cisl Medici) e Armando Coco (Cisl Fp) – ma siamo molto preoccupati per come sta evolvendo la situazione e per il rischio che corrono medici, infermieri e tutto il personale impegnato affrontare questa seconda ondata di contagi e diffusione del virus che avrà un picco a fine novembre. Per questo, non giunge certo inattesa la classificazione assegnata alla Sicilia nell’ultimo Dpcm“.
“Quotidianamente – aggiungono – riceviamo sollecitazioni da parte del personale ospedaliero e ambulatoriale in merito ai temi che abbiamo evidenziato e ci interroghiamo soprattutto su chi deve affrontare il tema della sicurezza di lavoratori che non possono operare a mani nude, con DPI insufficienti per le necessità quotidiane. Occorre invece una analisi approfondita della disponibilità dei dispositivi nei reparti ospedalieri, soprattutto negli ospedali destinati al trattamento dei pazienti Covid“.
Per i segretari “c’è anche una evidente carenza di formazione all’adeguamento dei protocolli sanitari nel nuovo personale reclutato e in quello esistente destinato ai nuovi compiti dettati dalla pandemia per affrontare una situazione del tutto diversa. Va fatta invece con lo stesso metodo per tutti. E, nello stesso tempo, vanno aggiornati i DVR aziendali, che devono contenere la valutazione di tutti i rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori, in riferimento alla nuova situazione pandemica, con i percorsi che vanno realizzati per entrata e uscita dei pazienti e dei lavoratori, sia in ambito ospedaliero che ambulatoriale“.
“È necessario – affermano ancora i tre dirigenti sindacali della Cisl – che si adottino protocolli integrativi dei contratti di lavoro che garantiscano, al personale adibito a reparti Covid ma non munito di specifica specializzazione professionale, la manleva da responsabilità per il caso di chiamate in giudizio da parte di pazienti che abbiano subito danni a causa di deficit di organizzazione“.
“Tutto il personale sanitario, medico e infermieristico, compresi gli psicologi necessari per chi è costretto all’isolamento fiduciario – sottolineano – va contrattualizzato con un’unica forma di subordinazione, visto anche il rischio di contagio da Covid19 che si potrebbe registrare durante lo svolgimento. Invece, si consuma una fondamentale discrasia tra le strutture, in quanto alcune di esse hanno avviato a lavoro il personale con collaborazione professionale piuttosto che utilizzare contratti di lavoro subordinati“.
“Per tali motivi – concludono Attanasio, De Natale e Coco – riteniamo urgente un incontro chiarificatore con l’Asp e con tutti i direttori generali delle strutture ospedaliere della provincia di Catania per definire questioni non rinviabili tanto per garantire la sicurezza dei lavoratori quanto la salute dei cittadini“.
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