CATANIA – “Tieni, qui ci sono i soldi” con queste parole ha consegnato tremila euro al suo strozzino e si è allontanato. Ma per lui questo era l’ultimo incontro, l’ultimo pagamento: la fine di un incubo durato vent’anni.
I due titolari di un’attività specializzata nella vendita di apparecchiature da intrattenimento, erano caduti nella trappola, nell’angosciante trappola delle estorsioni. E da anni, pur di essere lasciati tranquilli, passavano le mazzette sottobanco al loro aguzzino.
Era il clan Santapaola che dettava gli ordini, mandando a riscuotere per loro conto Vincenzo Mirenda,40 anni, proprietario di un chiosco a San Giovanni Galermo. La scorsa settimana, però, c’è stato l’ultimo incontro fra vittima e mafioso.
Mirenda è stato preso con le mani nel sacco dai carabinieri del reparto operativo che ne controllavano i movimenti già da qualche giorno e che lo hanno arrestato.
Da quando cioè i due imprenditori hanno trovato la forza di denunciare. “Subivamo minacce continue. Pressioni e vessazioni costanti ma avevamo accettato il compromesso pur di dormire sonni tranquilli”, hanno riferito agli investigatori. E addirittura gli portavano i soldi fino a domicilio.
Oltre a Mirenda, sono scattate le manette anche ai polsi di Vittorio Fiorenza, 30 anni, e Antonio Varisco, 49 anni, che sono finiti in carcere mentre i domiciliari sono toccati a Laura Guarnaccia.
Nella vicenda, però sarebbero coinvolte altre tre persone: Francesco Carmelo Arcidiacono, Salvatore Fiore e Salvatore Gurrieri. Questi già in carcere al 416 bis avrebbero sostituito Mirenda quando lui non poteva riscuotere il pizzo.