La Cassazione: la gelosia morbosa è reato. Rientra nella fattispecie dei maltrattamenti

La Cassazione: la gelosia morbosa è reato. Rientra nella fattispecie dei maltrattamenti

ROMA – La vicenda ha origine in un paese della Sicilia, dove un’apparente felice donna in carriera, subiva all’interno della mura domestiche, vessazioni rientranti nella fattispecie dell’art. 572 del codice penale.

La donna, una moglie moderna, evoluta, lavoratrice e per di più assistente di volo e quindi spesso lontana da casa, veniva considerata dal marito una donna “non perbene” solo per la sua voglia verso l’indipendenza e verso la realizzazione personale lavorativa. L’uomo difatti, intollerante nei confronti dell’emancipazione della moglie, assillava la donna con interrogatori continui, controlli sul telefono, sui messaggini, e verifiche sugli spostamenti. Le contestava di tradimenti inesistenti e insulti collegati con queste presunte attività fino al dubbio sulla paternità della figlia con reiterate richieste di verifiche tramite il Dna e l’incessante, inesauribile pretesa di licenziamento da parte della donna per spingerla a restare più tempo possibile in casa.

I giudici della Corte di Cassazione hanno configurato il vizio della possessività, come un reato che va ascritto nella sfera del maltrattamento, al confine tra lo stalking e la persecuzione se non, addirittura, la violenza psicologica. «L’assillare con continui comportamenti ossessivi e maniacali ispirati da una gelosia morbosa tali da provocare in modo diretto importanti limitazioni e condizionamenti nella vita quotidiana e nelle scelte lavorative nonché un intollerabile stato d’ansia» determina una situazione inquadrabile in quanto previsto dall’articolo 572 c.p., ossia maltrattamenti in famiglia in quanto espressione di un evidente spirito di prevaricazione e fonte di un’intensa e perdurante sofferenza morale.

L’uomo era stato assolto dall’accusa di maltrattamenti nel maggio 2014, mentre la Corte d’Appello aveva deciso per la condanna per stalking, un anno e sei mesi di reclusione oltre a una provvisionale di cinquemila euro, a causa di alcuni sms alla consorte, testimoniati dalla stessa vittima e dai suoi parenti. Il Giudice di primo grado aveva basato l’assoluzione sul fatto che la vita di coppia era caratterizzata da una certa “animosità” e che non si era raggiunta la prova della “consapevolezza” del marito di causare alla moglie “un turbamento psichico e morale”.

La Cassazione della sesta sezione della Suprema Corte ha ribaltato il giudizio e ha statuito che assillare costantemente il partner con continui comportamenti ossessivi e maniacali ispirati da gelosia morbosa è un maltrattamento, e ha rinviato i giudici di piazza Cavour, accogliendo il ricorso presentato dalla Procura generale di Palermo, hanno dunque disposto un appello-bis nei confronti dell’uomo, processo nel quale andrà rivista la decisione sul reato di maltrattamenti alla Corte d’Appello di Palermo affinché sia celebrato un nuovo processo di appello nei confronti dell’uomo.

Avv. Elena Cassella – delegata per i rapporti con la stampa del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati