GELA – Un lungo serpentone ha attraversato le strade di Gela per difendere il diritto al lavoro minacciato dalla paventata chiusura della raffineria dell’Eni che avrebbe pesanti ripercussioni sull’intero comprensorio e sull’indotto.
Tantissime famiglie con bambini al seguito hanno riempito la città e alla rabbia per un futuro incerto si è mischiata la speranza di poter riportare a Gela quegli investimenti, per circa 700 milioni di euro, fino ad oggi ritirati dalla dirigenza del colosso petrolifero.
“Noi vogliamo crescere qui” e “Non vogliamo andare in Mozambico” recitavano due tra i tanti striscioni portati dai manifestanti e che esemplificavano le richieste avanzate dai sindacati nelle scorse settimane: un piano di investimenti dettagliato con una road map precisa.
La questione Gela è già sotto i riflettori nazionali, come testimoniano le parole di Paolo Pirani, segretario nazionale della Uiltec: “L’abbandono di Eni delle produzioni nazionali della raffinazione e della chimica rischia di essere un vero e proprio disastro per il paese. E’ assurdo che si pensi di investire in Mozambico e non in Italia: lì 50 miliardi di euro, alla Sicilia solo false promesse. Il governo sappia che gli operai di Gela non si faranno usare ed Eni ha sbagliato i suoi conti”.
Il corteo si è fermato in piazza Umberto e unanime è stata la richiesta dei vari oratori che si sono avvicendati sul palco, chiedendo un passo indietro all’Eni.
“Non si può cancellare una realtà industriale come quella di Gela – ha sottolineato Maurizio Bernava della Cisl – e il confronto deve ripartire dall’accordo siglato il 19 luglio dello scorso anno che prevedeva investimenti per 700 milioni di euro la riqualificazione della raffineria”.
Susanna Camusso, segretario della Cgil, ha sfilato a fianco del presidente Crocetta e ha sottolineato come “la vertenza Gela rappresenta la tentazione dei grandi gruppi industriali italiani di collocarsi al punto basso della crisi attraverso operazioni che continuano ad apparire sempre meno comprensibili”.
“Non si può pensare – ha aggiunto Susanna Camusso – che l’Eni abbandoni uno dei territori più infrastrutturali d’Italia, che per giunta sta in Sicilia, una terra dove c’è petrolio”.
Il segretario della Cgil prima di lasciare Gela alla volta di Roma, dove domani si terrà la manifestazione nazionale di tutti i lavoratori Eni d’Italia, ha salutato i diversi presidi di operai promettendo il massimo impegno per risolvere la vertenza.
Le voci degli operai sono univoche: nessuno vuole che anche Gela si aggiunga all’elenco di siti dove è in atto una “desertificazione” industriale. Un esempio su tutti è Termini Imerese. Proprio dalla città del palermitano è arrivata una delegazione di ex operai Fiat per portare solidarietà e mantenere accesi i riflettori sulla mancanza di ammortizzatori sociali.
Intanto ben otto autobus noleggiati dai sindacati sono partiti verso Roma in previsione di domani. La rappresentanza gelese sarà quella più nutrita e agguerrita.