Caltanissetta, Megara Iblea e Castellammare “scenari di pietra”

Agrigento – Teatri di Pietra è ormai una consuetudine consolidata in Sicilia, portando il grande Teatro esattamente dov’è nato oltre duemila anni fa, nelle nostre città siciliane ora preziose aree archeologiche. In Sicilia abbiamo una ventina di teatri antichi con una grandissima tradizione storica e culturale che riguarda solo ed esclusivamente Siracusa e Taormina.

La rete Teatri di Pietra, ideata da Capua Antica Festival e diretta da Aurelio Gatti, quest’anno è promossa direttamente dai Comuni coinvolti con il sostegno dall’Associazione Teatri di Pietra Sicilia e Capua Antica Festival, in collaborazione con il FAI di Agrigento. Anche quest’anno Teatri di Pietra dà vita a un percorso di arte e cultura che privilegia lo straordinario patrimonio storico e artistico siciliano e al contempo offre una concreta opportunità di sviluppo socio-culturale e crescita dei territori coinvolti: obiettivo principale è promuovere la conoscenza del patrimonio storico e paesaggistico della Sicilia attraverso lo spettacolo dal vivo e valorizzare aree straordinarie  che si offrono ad una fruizione più ampia, coinvolgendo un pubblico diversificato e più vasto. Tutto questo nonostante la crisi, anche del settore, che non da tregua agli operatori dello spettacolo che continuano nonostante tutto a stare in prima linea, in scena sopra un palco che per tetto ha un cielo di stelle, convinti che la bellezza e il teatro possano dare vita a una nuova comunità. Ed è proprio questo il feel rouge che lega la programmazione siciliana di Teatri di Pietra 2015 che propone capolavori del Mito come testimonianza di una grande perdita, quella della comunità. Questo è lo spirito dell’undicesima edizione di Teatri di Pietra Sicilia:  la ri-costruzione di una comunità consapevole e aderente alla proprio storia e identità attraverso il riconoscimento di quegli stessi luoghi, oggi siti archeologici o monumentali,  che furono centro e cuore pulsante di civiltà.

La ricorrenza di Teatri di Pietra Sicilia, che dal 2005 si propone puntualmente ogni anno nonostante le difficoltà, fa di questa manifestazione un appuntamento “atteso” , testimonianza di un progetto di rete culturale che aggrega e cresce intorno a un’idea  innovativa di valorizzazione e sviluppo sostenibile dei territori. Una nuova edizione quindi, resa possibile grazie all’impegno delle Amministrazioni coinvolte che  attraverso Teatri di Pietra ribadiscono la volontà a operare un diverso modo di fare “turismo/cultura e sviluppo” privilegiando progettualità che concretamente dialoghino con il territorio, le cittadinanze e le identità che queste esprimono e in cui i luoghi non siano solo demanio da affittare. Un progetto che anche in un momento di grande difficoltà riesce a esprimere la convinzione e la determinazione a fare della cultura e del patrimonio la risorsa principale di sviluppo delle cittadinanze coinvolte.

Si inizierà domani 28 luglio alle 21,00 contemporaneamente: a Caltanissetta, con “Kiron cafè – il centauro” ilaro-tragedia di danza e teatro prodotta da MDA produzioni Danza per la regia dello stesso Aurelio Gatti, direttore artistico di Teatri di Pietra; Megara Iblea conIliade, le lacrime di Achille” di cui firma regia e drammaturgia Matteo Tarasco, Un tentativo di raccontare l’odierno spaesamento quotidiano di una generazione incompresa, un tentativo per riacquistare, attraverso la fascinazione del palcoscenico, i valori della parola poetica; infine a Castellamare del Golfo (TP) sarà messa in scena “Le Rane” della Compagnia La Bottega del pane diretto da Cinzia Maccagnano. Le Rane di Aristofane sono una parodia della decadenza politica e culturale dell’Atene dell’epoca del 405 a.C., ma sono soprattutto una riflessione sul teatro e sulla vita morale e sociale, all’indomani della morte di Euripide e Sofocle, ultime guide intellettuali della polis. Aristofane contrappone così la poesia brillante, figlia della sofistica, di Euripide e la magniloquenza di Eschilo, a volte oscura, ma di grande valore etico. Alla fine Dioniso, giudice dell’agone, sceglie di riportare in vita Eschilo, come per dire che per una società oramai al tramonto, incosciente della propria volgarità, è meglio riportare alla memoria buoni esempi di valori e di vivere civile, piuttosto che sperare in una capacità di autocoscienza di fronte ad esempi di corruzione e degrado. Le Rane, pur con una vena comica festosa, di ispirazione lirica, parla con una tristezza sconsolata di un vuoto culturale. Dioniso ha perduto il fascino della sua doppiezza, del suo oscillare tra bene e male, del suo dire e non dire, del suo nascondere per mostrare, ovvero ha perduto l’arte del teatro, di cui è rimasta solo la parvenza farsesca e deprimente. Eppure il teatro non perde mai la sua funzione e infatti mostra la sua stessa desolante condizione per indicare la miseria in cui è stato ridotto e insieme ricordare il proprio valore, scuotendo la coscienza di cui è esso stesso genitore. Ma le Rane, chi sono? “Le creature che stanno tra la vita e la morte, tra il sogno e l’incubo, tra la realtà e la finzione, tra il chiaro e l’oscuro, sullo Stige in attesa del trapasso, in attesa di poter cantare per essere zittite o ascoltate da chi, in bilico, sta inseguendo una chimera… Le Rane sono la poesia, che non si vede, ma è ovunque la si voglia evocare; sono la natura altra del mondo. Alla fine non conta più trovare l’autore di frasi “poderose”, ma riconoscersi tra Rane e insieme intonare il bel canto che accompagni l’impresa della risalita o almeno che illuda i sognatori d’essere più vicini al sublime” Così le descrive la regista Cinzia Maccagno.

Un’occasione per vivere il grande teatro antico nei suoi originari splendori.