Clan Fragapane: dal piccolo Giuseppe nell’acido allo “scambio” droga-bestiame

AGRIGENTO – Torna alla ribalta la figura di Salvatore Fragapane, esponente dell’omonimo clan di Cosa Nostra in provincia di Agrigento. 

Al suo clan erano collegati i 19 soggetti della malavita ragusana, agrigentina e calabrese, arrestati nel corso dell’operazione “Proelio”che ha smascherato un commercio basato sulloscambio di droga e bestiame, in grado di fruttare diverse migliaia di euro a settimana. 

Il nome di Fragapane balza agli occhi della cronaca negli anni ’90 in occasione dell’omicidio del piccolo Giuseppe Di Matteo, figlio di Santino Di Matteo. A seguito di questo episodio, infatti, Fragapane fu condannato all’ergastolo.

Un delitto portato a termine dopo il rapimento, in un maneggio di Altofonte, avvenuto il 23 novembre 1993. Tutto perché Giuseppe, che aveva quasi tredici anni, era figlio di un ex mafioso, diventato collaboratore di giustizia.

Travestiti da agenti della direzione investigativa antimafia, alcuni scagnozzi di Giovanni Brusca, a quel tempo a capo del clan di San Giuseppe Jato, si presentarono di fronte al ragazzino e lo trassero in inganno portandolo via con loro.

Il piccolo Giuseppe doveva essere l’esca, il “ricatto” per non far parlare il padre Santino. Tanto che al pentito fu recapitato un biglietto con delle foto che gli intimavano di “stare zitto”. Ma le cose non andarono così. Di Matteo cercò di rintracciare il figlio e, contemporaneamente, continuò la sua collaborazione con la giustizia.

La tragica svolta si registrò dopo circa due anni: Brusca fu condannato all’ergastolo e, per vendicarsi della pena, commissionò l’uccisione di Giuseppe. Il corpo non fu mai ritrovato: dopo averlo fatto strangolare, infatti, Brusca fece sciogliere il ragazzo nell’acido nitrico.

La storia del piccolo Giuseppe Di Matteo è oggi diventata un film, Sicilian Ghost Story, dei registi Fabio Grassadonia e Antonio Piazza, che ha inaugurato trionfalmente, con dieci minuti di applausi, la Semaine della Critique all’ultimo Festival di Cannes. Una vicenda orribile che i due registi hanno voluto raccontare fondendo la realtà della tragedia senza fine della mafia alla fantasia, mescolando l’efferatezza della criminalità organizzata a una storia d’amore adolescenziale.