Più anziani e meno neonati, la Sicilia una regione “vecchia”

SICILIA – Meno nascite e più morti: non si tratta di uno slogan né di un’apocalisse zombie, ma della realtà sociale siciliana che registra un “calo vita” notevole.

Ad oggi l’età media dei siciliani è di 43 anni, dieci anni in meno rispetto al resto d’Europa, mentre l’aspettativa di vita si è ridotta a 80 anni per gli uomini e a 84 anni per le donne.

Che l’Italia sia un paese per vecchi purtroppo non è un novità, ma i dati Istat sugli indicatori demografici in Sicilia nel 2015 pubblicati negli ultimi giorni, ci fanno capire come in 8 anni, dall’inizio della crisi economica, la situazione sia peggiorata notevolmente.

Basta, infatti, parlare del tasso di natalità per mille abitanti, all’8%, due punti inferiore a quello della mortalità, 10%. Ma, se questi ultimi dati non sono già sufficienti a fornire il quadro della situazione, allora tocca far riferimento al tasso di crescita naturale della popolazione (sempre per mille abitanti) che è pari al -2%.

E che dire dei matrimoni? 

Le coppie di oggi hanno sempre meno voglia, coraggio o semplicemente minor disponibilità economica per unirsi nel “vincolo eterno”, ecco perché solo una media di 4 siciliani su mille nel 2015 sono convolati a nozze

Logica conseguenza di ciò sono le nascite ridotte: l’età media per le donne siciliane che diventano mamma si è alzata a 31 anni e ciascuna di queste mette al mondo in media solo un bambino, al massimo due. Se si pronunciano meno “sì”, però, è pure vero che si dice meno “addio” che altrove in quanto l’incidenza dei divorzi, inaspettatamente, è pari a 8,6 ogni 10 mila abitanti.

A mettere il “carico da novanta” su questa situazione ci pensa il fatto che su 100 giovani si contano 157 ultrasessantenni e, al momento, la situazione non sembra essere destinata a “migliorare”, anzi. Tra il 2015 e il 2016 la percentuale dei giovani è rimasta stabile, mentre quella degli anziani è cresciuta. Inoltre si parla di “boom” di ultracentenari. L’ordine mondiale della sanità, infatti, sostiene che nel 2020 la depressione sarà la malattia più diffusa che, come dice il medico Patch Adams, “ha quasi sempre delle origini nella solitudine e nella vecchiaia”.

Sono infatti aumentati i suicidi nella maggior parte di uomini avanti con l’età.

È chiaro che se ci si ammala prima occorrono più risorse, più medicine, più posti letto in ospedale per tentare di ristabilire il paziente e quindi la cosa migliore sarebbe investire sulla prevenzione, ma ciò non accade. O, almeno, non accade adeguatamente. Sono aumentate le conseguenze tragiche dei tumori, del fumo, dell’alcool Un rapporto tra cause e conseguenze che su cui bisognerebbe focalizzarsi a dovere, senza lasciare spazio ad allarmismi.