Specializzandi, nuove prospettive dopo pronuncia della Cassazione

Specializzandi, nuove prospettive dopo pronuncia della Cassazione

Il caso. L’attenzione mediatica di queste ultime settimane è stata rivolta principalmente ad una recentissima sentenza della Suprema Corte di Cassazione, la n. 17434/2015, che ha riconosciuto il diritto al risarcimento del danno per migliaia di medici specializzandi. L’annosa vicenda ha origine dalla direttiva n. 82/76/Cee, riassuntiva delle direttiva n. 75/362/Cee e n. 75/363/Cee, che introduceva l’obbligo per gli Stati membri dell’Ue di fornire una “adeguata remunerazione” ai partecipanti ai corsi di specializzazione. Tuttavia, il nostro Paese non si adeguava alle disposizioni comunitarie, finché non arrivarono le prime condanne dalle Corti europee alle quali si erano rivolti i nostri medici defraudati del compenso. Così, solo nel 1991, il governo italiano decideva di mettersi in linea con quanto disposto dalla normativa europea emanando la legge n. 370, la quale all’articolo 11 statuiva che per i medici ammessi alle scuole di specializzazione in medicina dall’anno accademico 1983-1984 all’anno accademico 1990-1991, il Ministero dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica avrebbe corrisposto, per tutta la durata del corso, una borsa di studio annua onnicomprensiva di lire 13.000.000.

Tale regolamentazione tuttavia lasciava aperte numerose questioni, che davano adito a dubbi interpretativi oltreché normativi. Da un lato, non si comprendeva se l’anno accademico indicato dalla legge, e coincidente con il 1° gennaio 1983, potesse pertanto considerarsi una data di discrimine tra coloro i quali avessero diritto al risarcimento, e chi invece non potesse godere di tale diritto poiché aveva iniziato un corso in epoca anteriore. Dall’altro, si poneva il problema della prescrizione inerente la tutela del diritto medesimo, la quale, com’è noto, fa venir meno la possibilità di veder soddisfatta la propria pretesa ormai riconosciuta a livello normativo, a causa della decorrenza del tempo. Molteplici, pertanto, sono state le pronunce della Suprema Corte, a seguito dei numerosissimi ricorsi presentati nei Tribunali italiani. Tale disciplina veniva così interpretata in alcune pronunce della Cassazione (Cass. n. 21729/2012 e Cass. n. 17067/2013), le quali riconoscevano solo ai medici iscritti a corsi di specializzazione iniziati dopo il 1° gennaio 1983 il diritto al risarcimento del danno da inadempimento delle direttive sopra citate, escludendo pertanto dal novero dei soggetti coloro i quali avessero iniziato in data anteriore un qualsiasi corso equivalente. Tale data veniva ad assumere quindi un fondamentale ruolo di spartiacque tra coloro che avevano diritto al risarcimento e coloro che, purtroppo, non potevano pretenderlo neppure per gli anni di corso frequentati successivamente. Secondo gli ermellini difatti, l’inadempienza dello Stato verificatasi a far tempo dal 1° gennaio 1983 si riferiva solo all’organizzazione di corsi di specializzazione iniziati in tale data, escludendo pertanto coloro che frequentavano un corso che legittimamente sul piano del diritto comunitario era iniziato in una situazione nella quale lo Stato italiano non era ancora divenuto inadempiente all’obbligo di ottemperare alle note direttive. Inoltre, in relazione alla seconda problematica poc’anzi citata, la Corte definiva come contrattuale la domanda risarcitoria degli specializzandi e pertanto stabiliva la misura decennale del diritto di prescrizione, ponendo quale momento iniziale per il suo decorso la data del 27 ottobre 1999.

Cassazione 2015. Con la recentissima sentenza n. 17434/2015 pubblicata lo scorso 2 settembre, la Suprema Corte ha rettificato espressamente il precedente negativo orientamento, e ha stabilito che i risarcimenti spettano anche a tutti i medici che ancora frequentavano corsi di specializzazione alla data del 31 dicembre 1982. Dunque, potranno agire per ottenere i rimborsi anche tutti coloro che hanno conseguito il diploma di specializzazione dopo tale data, indipendentemente dall’anno di iscrizione, godendo degli stessi diritti di quanti si sono iscritti dal primo gennaio 1983. Nel corpo della sentenza si legge infatti che l’esclusione degli “ante 1 gennaio 1983” non trova alcun riscontro nelle direttive comunitarie in materia e si pone in aperto contrasto con il principio comunitario della c.d. applicazione retroattiva e completa delle misure di attuazione della norma comunitaria. Pertanto la limitazione introdotta si qualifica come un comportamento antigiuridico nell’ambito dell’ordinamento comunitario. Essendo inoltre, il rapporto del medico un rapporto di durata, nell’ambito del diritto interno trova applicazione il principio secondo cui la norma giuridica sopravvenuta disciplina completamente il rapporto in corso, allorché, sebbene sorto anteriormente, non abbia ancora esaurito i suoi effetti.

È pertanto fuor di dubbio come tale decisione apra ovviamente nuovi orizzonti e il rischio paventato è quello della possibile crescita esponenziale dei ricorsi. Attualmente nei nostri Tribunali sono già in corso cause collettive contro lo Stato di 50mila dottori che si sono specializzati tra il 1982 e il 1991 o tra il 1994 e il 2006 e chiedono di ottenere le borse di studio non ricevute, i contributi e gli interessi legali. Secondo la “Consulcesi”, associazione che dal 1982 promuove azioni legali collettive per conto dei medici, aumenta esponenzialmente la platea dei potenziali ricorrenti e quindi il rischio che l’esborso complessivo per lo Stato superi gli attuali 4 miliardi già stimati.

Nuove prospettive. Nell’ottica di sanare almeno in parte la situazione degli specializzandi e al tempo stesso preservare le casse dello Stato, è stato presentato un disegno di legge. L’atto, che ha come primo firmatario il senatore Luigi D’Ambrosio Lettieri, prevede “una transazione di un’inadempienza dello Stato, che permetterebbe un grande risparmio alle casse pubbliche a fronte di un diritto acquisito dai medici che si sono specializzati tra il 1993 e il 2005”. Nel testo del ddl di quattro articoli viene in sostanza previsto un indennizzo forfettario di 13mila euro per ciascun anno di durata legale della scuola di specializzazione universitaria in medicina. Se sarà quindi l’interpretazione ultima della Cassazione o la legislazione che tanto è attesa da parte del Parlamento ad avere l’ultima parola, questo potrà dirlo solo il tempo.

Avvocato Elena Cassella del Foro di Catania