Perché in Italia ci sono ancora poche donne in posizioni apicali?

Perché in Italia ci sono ancora poche donne in posizioni apicali?

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Uno dei temi di maggiore attualità nelle agende politiche delle nostre istituzioni è il divario uomo-donna, soprattutto nel mondo del lavoro.

Andiamo a verificare, per esempio, la situazione dei top management delle prime 100 aziende italiane quotate in borsa tra cui Ferrari, Enel, Moncler, Eni, IntesaSanPaolo, Stellantis: la maggioranza dei Ceo sono uomini.

Solamente due donne tra le prime cento sono amministratrici delegate, Giuseppina Di Foggia, Ceo di Terna, e Tatiana Rizzante, Ceo di Reply.

Forse le donne fanno fatica a sfondare il “soffitto di cristallo”, ovvero l’insieme di barriere che spesso si incontrano quando cercano di fare carriera.

Con questo non si intende mettere in dubbio che questi amministratori delegati uomini siano bravi nel loro lavoro, ma quante brave amministratrici delegate donne ci stiamo perdendo?

“The economist” ha svolto delle indagini su questo fenomeno con il glass ceiling index, un indice che misura l’uguaglianza per le donne sul posto di lavoro sulla base di 10 parametri diversi.

Tra questi parametri troviamo il divario retributivo di genere, il congedo parentale, la rappresentanza nell’alta dirigenza, il livello di istruzione e gli incarichi politici.

L’indagine è svolta in Italia e i dati sono relativi al 2022.

La formazione post-diploma delle donne era più alta di 6.3 punti rispetto agli uomini, ma se guardiamo il tasso di partecipazione alla forza lavoro, le donne sono 18,2 punti indietro rispetto agli uomini. Se invece consideriamo il divario retributivo, le donne hanno guadagnato il 7,6% in meno degli uomini.

Anche per quanto riguarda la presenza in posizioni di controllo delle aziende e delle istituzioni, notiamo che le donne occupavano il 28,6% delle posizioni manageriali e il 32,3% dei posti in Parlamento.

Quale verità emerge da questo scenario? Le donne non sono adatte a svolgere ruoli apicali all’interno delle aziende o istituzioni, o forse si devono scontrare contro barriere sociali, culturali e psicologiche?

I Ceo di cui parliamo hanno almeno 60 anni.

È comprensibile che se 40 anni fa le donne non si laureavano e non studiavano per motivi culturali, ad oggi non ci sono donne in posizioni manageriali.

Oggi fortunatamente la disparità si sta riducendo perché la scolarizzazione femminile è andata crescendo nel tempo e i modelli educativi stanno cambiando, seppur lentamente, e dunque la situazione in futuro potrebbe addirittura ribaltarsi.

Tuttavia, ancora oggi la donna spesso si trova costretta a scegliere tra famiglia e lavoro. L’uomo no. Risultato: l’uomo va avanti, la donna resta ferma.

Un primo passo per questo cambiamento potrebbe essere il congedo parentale obbligatorio per il padre, l’aumento dei salari per le donne e far svolgere il lavoro domestico anche agli uomini.

Ad oggi nessun Paese del mondo ha raggiunto la piena parità dei sessi ma nei Paesi del Nord Europa, come la Svezia, la parità è vicina e la discriminazione sessuale e di genere è vietata dalla legge.

L’Italia, invece, è settantanovesima nella classifica del Global gender gap report, che monitora i progressi verso la parità di genere in 143 Paesi.

 

Martina Lancia 5^AFM, Istituto “IIS Enrico De Nicola”  – San Giovanni La Punta (CT) 

 

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