La contraccezione d’emergenza

La contraccezione d’emergenza

Giuseppe_Ettore

Quasi tre italiane su dieci tra i 16 e i 45 anni hanno avuto rapporti sessuali a rischio di gravidanza indesiderata. Malgrado ciò sono ancora tantissime le donne che non hanno valutato l’opportunità di ricorrere alla contraccezione d’emergenza. Anche perché sono spesso inconsapevoli dei rischi ai quali si sono esposte e continuano ad avere idee confuse. Inoltre circa il 45% pensa che la contraccezione di emergenza abbia un effetto abortivo e il 34% ne ignora il meccanismo d’azione. Ma c’è anche chi crede possa causare infertilità o che sia stata concepita per le adolescenti al primo rapporto sessuale. Eppure per quasi sette donne su dieci, la contraccezione d‘emergenza è una scelta responsabile per evitare una gravidanza ancora non voluta, e la possibilità di disporre di questo farmaco è considerata come “un passo in avanti” per l’universo femminile.

A tracciare i contorni dell’universo femminile e del suo rapporto con la contraccezione d’emergenza è un’indagine ad hoc svolta dall’istituto di ricerche BVA Healthcare per HRA Pharma su oltre 7mila donne in cinque paesi europei. Uno studio – presentato nel corso di una conferenza stampa organizzata a Venezia nell’ambito del 15th World Congress on Human Reproduction – che in Italia ha messo sotto la lente 1.234 donne sessualmente attive.

Lo scenario italiano. Dall’indagine è emerso che nonostante tutte le italiane intervistate abbiamo dichiarato di essere molto lontane dall’idea di intraprendere una gravidanza, tanto che il 78% utilizzava già un metodo contraccettivo, circa il 30% delle donne si è trovata a dover gestire un rapporto che le ha esposte alla possibilità di rimanere incinte. Le cause? Svariate. Si va dalla sospensione del normale sistema contraccettivo (il 45% del campione), alla rottura o cattivo uso del preservativo (il 41%), fino alla dimenticanza dei sistemi contraccettivi quale pillola, anello vaginale, cerotto (il 26%). Situazioni quindi a rischio rispetto alle quali le donne hanno reagito differentemente: l’80% non è ricorsa alla contraccezione di emer
genza, sulla quale invece hanno punta
to due donne su dieci. Scelte 
quindi molto diverse, ma dettate principalmente dal fatto 
che ben il 43% delle
 donne ha dimostrato
 di non essere consapevole dei rischi ai quali si è esposta. Ma sul ricorrere o meno alla contraccezione d’emergenza ha giocato un ruolo importante anche l’incertezza su come ottenere la prescrizione o procurarsi il farmaco (per il 35%). Ed anche la convinzione che il farmaco non sarebbe stato più efficace dopo due giorni dal rapporto sessuale, fatto che le ha convinte ad abbandonare l’idea. Ma nel 27% dei casi ha giocato un ruolo determinante la paura di una futura infertilità o di utilizzare un metodo troppo aggressivo.

Le percezioni sbagliate. Soprattutto esistono nella mente delle donne intervistate alcune idee errate. Quasi il 45% ritiene che la contraccezione d’emergenza abbia un effetto abortivo e il 34% non ne conosce esattamente il meccanismo d’azione. Il 15% crede che possa anche causare infertilità, e il 16% che sia stata concepita per le adolescenti al primo rapporto sessuale. “Queste idee appartengono al passatoha affermato la professoressa Rossella Nappi, ginecologa, endocrinologa e sessuologa all’Università di Pavia ormai sappiamo esattamente come e quando funziona la contraccezione d’emergenza, non è altro che un ulteriore supporto contraccettivo. Un ultimo efficace baluardo prima di ricorrere all’interruzione volontaria di gravidanza. Un aiuto non per donne distratte o irresponsabili, ma un completamento proprio per 
quante già usano la contraccezione consapevole, ormonale o di barriera, che in quel particolare momento ha fallito”.

La pillola del “prima possibile”. Ma accanto a quante ignorano rischi e meccanismi di azione ci sono anche donne consapevoli che, nell’86% dei casi hanno fatto ricorso alla contraccezione di emergenza entro le 24 ore dal rapporto in quanto coscienti che la sua efficienza è maggiore se assunta rapidamente. È confortante vedere che ci sono donne attente nel valutare l’efficienza di una metodica di prevenzione anche se rimane ancora molto da fare. Non dimentichiamo che la contraccezione d’emergenza serve per abbassare il potenziale di fertilizzazione del ciclo, spostando o bloccando del tutto l’ovulazione. Ed è chiaro quindi come la tempestività di assunzione giochi un ruolo chiave per assicurare la riuscita dell’intervento. Rispetto al passato abbiamo fatto passi in avanti. Grazie, infatti, a molecole più innovative come l’Ulipristal acetato, da circa un anno presente anche in Italia, è possibile ridurre, nelle prime 24 ore, di ben due terzi il rischio di gravidanza indesiderata rispetto alle vecchie formulazioni con Levonorgestrel. E con un atout in più: la sua capacità protettiva è doppia rispetto al Levonorgestrel nelle 72 ore dal rapporto a rischio. Bisognerebbe perciò iniziare a parlare di “pillola del prima possibile” e non di “pillola del giorno dopo”.

Donne più responsabili nella contraccezione. Ma c’è anche un altro dato interessante: dopo l’utilizzo della contraccezione d’emergenza (CE) le donne sono diventate più responsabili. Tant’è che ben il 61% delle italiane ha iniziato a prestare maggiore attenzione all’assunzione o all’uso del proprio contraccettivo. Il 22% si è rivolta al proprio medico per approfondire l’argomento e il 18% ha cambiato metodo di contraccezione. Solo il 26% delle donne ha ritenuto di essere inciampata in un caso isolato e quindi non ha ripensato al proprio comportamento contraccettivo di base. La contraccezione di emergenza sembra dunque un’occasione di educazione alla salute sessuale quando viene prescritta con una adeguata informazione. Nonostante il sottoutilizzo della CE, il 72% delle donne ritiene che questo metodo sia un vero passo in avanti per l’universo femminile. Quasi sette donne su dieci (il 69%), credono sia una scelta responsabile per evitare una gravidanza indesiderata e che debba essere considerata come un normale contraccettivo da usare dopo il rapporto sessuale non adeguatamente protetto (il 33%). L’81% è convinto che non ci si debba vergognare di utilizzarla e non debba essere considerato come un argomento tabù. Mentre il 53% delle donne pensa sia la dimostrazione di una mancanza di responsabilità nel modo in cui si gestiscono i propri sistemi contraccettivi.

Nove donne su dieci chiedono più informazioni. Di certo le italiane hanno fame di informazioni: ben il 90% vuole saperne di più. Per questo chiedono al proprio medico e al ginecologo un ruolo più attivo. Il 42% desidera essere informata sull’esistenza della contraccezione di emergenza: come funziona, dove e come assumerla quando necessario. E sempre il 42% vorrebbe ricevere una consulenza che le aiuti a trovare un metodo di contraccezione continua più adeguato. Il 40% desidera che il medico fornisca consigli su cosa fare nel caso in cui si dimenticasse il contraccettivo e sulle situazioni a rischio di gravidanze indesiderate. Il 30% che le assista dopo l’uso del contraccettivo di emergenza per essere rassicurate. Infine il 45% vorrebbe poter ottenere un appuntamento il giorno stesso per un consulto di emergenza. “Dall’indagine emerge che seppure sia ancora molto ridotto l’utilizzo della contraccezione d’emergenza spiega la dottoressa Nicoletta Orthmann, dell’Osservatorio nazionale sulla salute della donna (Onda)le donne che invece l’hanno assunta comprendono pienamente l’importanza di questa opzione contraccettiva per la tutela della propria salute sessuale e riproduttiva. Dobbiamo tenere conto della loro richiesta di maggiori informazioni, che dovrebbe essere considerata come un’opportunità concreta per parlare di sessualità consapevole, di prevenzione contraccettiva stabile e di pianificazione familiare anche a quelle donne che non hanno fatto una scelta a riguardo. Nel nostro Paese purtroppo manca ancora un progetto organico e strutturato di educazione alla sessualità, alla salute riproduttiva e alla contraccezione”.

Accesso difficile per più di quattro donne su dieci. L’indagine ha infine indagato sulle esperienze vissute dalle donne nel richiedere la CE. Solo poco più della metà delle intervistate ha dichiarato di avere ottenuto il farmaco in modo tutto sommato semplice e in tempi brevi (57%) e appena il 41% ha ricevuto consigli. Mentre una su quattro ha ricevuto la prescrizione senza alcuna informazione. E ancora, sempre una donna su quattro ha dichiarato di essersi sentita a disagio e persino giudicata o di aver subito una paternale (18%). Di fronte a questi dati emerge la necessità – e in questo senso è cruciale il ruolo del ginecologo quale interlocutore di riferimento – di favorire l’accesso alle donne a uno strumento di prevenzione che da un lato non le esponga a un’eventuale interruzione volontaria di gravidanza e dall’altro abbia il valore aggiunto di farle riflettere e prendere coscienza dei rischi nei quali possono incorrere”.