“La paura del contagio”: commento alla vicenda del gay cacciato dal lido di Mascali

“La paura del contagio”: commento alla vicenda del gay cacciato dal lido di Mascali

CATANIA – Ha destato notevole scalpore la vicenda di Giuseppe, ragazzo catanese di 22 anni, cacciato da un lido di Mascali perché omosessuale; il giovane ha quindi deciso di rivolgersi all’Arcigay e all’A.Ge.D.O. di Catania. La risposta di Riccardo Di Salvo, segretario di A.Ge.D.O., nonché presidente e fondatore della Kalon GLBTE, ente impegnato nella tutela dei diritti dei gay e degli extracomunitari, non ha tardato ad arrivare.

Questi ha infatti dichiarato che l’associazione da lui rappresentata intende mobilitarsi quanto prima per raccogliere l’appello di Giuseppe: “La battaglia di Giuseppe merita di ottenere sostegno; è sempre importante denunciare, venire allo scoperto. Per questo motivo A.Ge.D.O. concorderà con altri enti similari, innanzitutto l’Arcigay di Catania attualmente diretta da Alessandro Motta, la linea d’azione da seguire. Fatto ciò sarà necessario agire, ancora una volta, in modo da sensibilizzare l’opinione comune: scrivere, raccontare, debellare l’ignoranza che tuttora persiste in determinati contesti. Non escludo poi la possibilità di un’azione legale, di un provvedimento che possa, come già avvenuto nel caso del catanese Danilo Giuffrida il quale, dopo aver dichiarato la sua omosessualità all’ospedale militare per la leva si è visto ritirare la patente, in qualche modo servire alla causa di Giuseppe“.

Riccardo Di Salvo, si è poi soffermato sulle cause che avrebbero potuto spingere la direttrice del lido a cacciare Giuseppe ed i suoi amici dallo stabilimento balneare. Sostiene il segretario di A.Ge.D.O.: “In genere la discriminazione sessuale nasce dall’ignoranza, dalla paura di ciò che non si conosce o che si conosce soltanto superficialmente; un meccanismo che a ben guardare ha molto in comune con la xenofobia, con la discriminazione razziale. In alcuni casi, ad emergere invece è quasi una ‘paura del contagio’: in tanti ritengono che lasciar frequentare ai propri figli amici omosessuali possa indurli ad abbandonare la via dell’eterosessualità. Molto probabilmente nel caso specifico, oltre alla paura è entrata in gioco anche la ‘ragione commerciale’. I titolari di alcuni esercizi commerciali a volte agiscono in maniera da evitare che il loro bar, la loro discoteca o, nella fattispecie, il loro lido, vengano comunemente ‘bollati’ come centro di ritrovo gay. Ancora una volta quindi si dimostra fondamentale intervenire sensibilizzando l’opinione comune“.

Queste parole, pronunciate a quasi due mesi dalla conclusione del gay pride di Catania, non possono che invitare alla riflessione; la discriminazione sessuale è una realtà strettamente legata al contesto geografico? Un codice comportamentale intimamente connesso a modelli culturali quali quello del machismo? È ancora Riccardo Di Salvo ad esprimersi in proposito: “L’omofobia non ha niente a che vedere con il contesto geografico: si può essere omofobi al nord come al sud, in Italia come in altre parti del mondo. La Sicilia non è culturalmente arretrata come qualcuno vorrebbe lasciarci credere; Catania ad esempio è per tradizione considerata una città gay friendly, una realtà geografica unanimemente considerata all’avanguardia dal punto di vista della tutela della difesa dei diritti“.

Gli atti di discriminazione sessuale in sostanza sarebbero frutto dell’ignoranza e della “paura del contagio“. Il fenomeno quindi non potrà che essere debellato grazie alla sensibilizzazione dell’opinione pubblica e al coraggio individuale.