Quando le parole lasciano i lividi, la violenza “invisibile”: non si vede ma si sente

Quando le parole lasciano i lividi, la violenza “invisibile”: non si vede ma si sente

Quando parliamo di violenza all’interno delle relazioni il pensiero automaticamente si rivolge verso forme di aggressione fisica o sessuale.

Spesso, erroneamente, sottovalutiamo quanto possa far male la violenza psicologia, quanto si possa cronicizzare e quanto spesso venga giustificata.

Offese, critiche, accuse, mancanza di rispetto, svalutazione, menzogna, ricatti, controllo della libertà personale: sono queste alcune delle forme in cui si manifesta questo tipo di violenza apparentemente “invisibile” ma che lascia i lividi tanto quanto quella prettamente intesa, se non di più.

Per violenza psicologica s’intende infatti una forma subdola di maltrattamento che ha come elemento comune un meccanismo di sopraffazione che nel tempo mina il valore personale, il senso di identità, la dignità e l’autostima di un’altra persona“. Esordisce così, ai microfoni di NewSicilia, la psicologa Ines Catania.

Parole come armi

Nell’immaginario collettivo c’è l’idea che la violenza psicologica sia qualcosa di più ammissibile, o comunque una violenza di gravità inferiore. Ma così non è.

La violenza psicologica è qualcosa di reale: un vero e proprio abuso emotivo.

Si utilizzano perlopiù le parole come arma. Non essendo queste un’arma in senso stretto, le persone che esercitano violenza psicologica, dato che non sono solite colpire o arrivare ad altre forme di danno fisico, ritengono o di non fare violenza o comunque di utilizzare una forma molto diversa da quella fisica.

Capita spesso a noi psicoterapeuti di incontrare persone che vivono la profonda sofferenza di ciò che possono significare certe parole dette da un partner, da un datore di lavoro, da un genitore o chi per loro”, spiega la psicologa.

violenza verbale

Differenze fra violenza fisica e psicologica

Se la violenza fisica è oggettiva al punto da lasciare spesso danni visibili sul corpo, la violenza psicologica entra nell’area della soggettività.

Questo può rappresentare un terreno fertile per il non riconoscimento e la non validazione di quanto un modello relazionale generi angoscia e sofferenza nelle vittime.

Come gestire la violenza psicologica

Ci sono alcune indicazioni su come gestire la violenza psicologica che, come specificato prima, non ha un aspetto definito: i comportamenti, oltre a essere disparati, possono variare in intensità, in frequenza, risultare più manifesti o più celati.

Una cosa è certa: non è un singolo episodio! Si presenta infatti nel tempo come un modello di comportamento ricorsivo e la caratteristica di ripetitività giustifica l’impatto psicologico sulla vittima. Questa si sente sempre più imbrigliata nella rete dell’abusante“, sottolinea la nostra intervistata.

I comportamenti psicologicamente violenti

Proviamo di seguito, con il supporto della psicologa, a fornire un elenco di comportamenti psicologicamente violenti al fine di identificare le varie forme di violenza psicologica:

  • Umiliazione e critica:
    • svalutazione continua del lavoro, degli studi, degli interessi, dei risultati conseguiti come se non significassero niente o fossero considerati qualcosa di non rilevante;
    • da commenti negativi sull’abbigliamento si passa a insulti veri e propri alla persona ricorrendo a un linguaggio volto a sminuire l’altro e a farlo sentire piccolo e insignificante;
    • tentativi costanti di agire in modo superiore e migliore dell’altro anche ricorrendo a sarcasmo e a messe in ridicolo in situazioni sociali.
  • Controllo:
    • degli spostamenti e pretesa di una risposta immediata a chiamate o messaggi;
    • di internet, social network, e-mail, messaggi e chiamate per monitorare le interazioni sociali;
    • tendenza a impartire ordini e lezioni su ciò che è giusto fare in diversi ambiti, per esempio dal vestire al mangiare, scegliendo gli abiti da indossare quando esce o dicendo di non mangiare qualcosa perché non salutare;
    • imprevedibilità del comportamento: a esplosioni di rabbia si alternano momenti di grande affettività e gentilezza che lasciano confusa e disorientata la vittima;
    • gelosia patologica: tendenza a esercitare un dominio e un possesso nei confronti dell’altro.
  • Accuse e negazione:
    • tendenza ad attribuire alla vittima la causa della loro rabbia e del loro comportamento;
    • destabilizzazione della vittima attraverso la negazione di fatti realmente accaduti (gaslighting): si spinge la vittima a dubitare di sé stessa mediante una strategia comunicativa volta a farle credere di essere pazza.
  • Negazione dell’abuso:
    • ogni volta che la vittima prova a lamentarsi del loro trattamento e dei loro attacchi, negheranno o comunque accuseranno lei di aver reagito in modo eccessivo, accusandola di prendere tutto troppo sul serio o di non avere alcun senso dell’umorismo.
  • Trascuratezza emotiva e isolamento
    • tattica del silenzio: tendenza a interrompere la comunicazione ignorando i tentativi di dialogo.
  • Indifferenza nei confronti della sofferenza e del bisogno di aiuto perché giudicato come eccessivo:
    • tendenza a isolare la vittima attraverso un discredito di tutte le persone vicine (familiari o amici), o mettendole contro facendo appello a una sua instabilità psicologica.

violenza

Conseguenze per la vittima

Da non trascurare le conseguenze della violenza psicologica che possono essere molteplici.

Ci si sente come fisicamente colpiti ogni volta che l’altro usa parole contro di noi. Capita spesso che l’altro agisca la propria rabbia annientando la vittima con la sola forza delle parole“, dichiara la psicologa.

Parla e questo è sufficiente a lasciare irrompere il suo potere, lasciando la vittima in silenzio, inondata dalla paura. Indifesa e silenziosa, la vittima si trova ad ascoltare l’altro finendo per ricondurre ogni dettaglio di ciò che dice a quanto ci sia di sbagliato in quello che è, come persona.

Senso di impotenza

E ancora: “Si sente impotente riconoscendo di non avere nessuna arma necessaria a fronteggiare quella battaglia. Non resta che aspettare che finisca quanto prima“.

Eppure, colui che esercita violenza psicologica sembra non mostrare segni di fine perpetrando in un modello relazionale senza sosta.

L’abusante, infatti, continua aggressivamente a gridare veleno mentre la vittima resta paralizzata, testimone di quelle accuse costanti e degli errori commessi.

Non resta che chinare la testa anche se questo sembra rafforzare la vulnerabilità e il senso di inferiorità della vittima.

Ancora una volta, l’ennesima, la vittima memorizza ogni dettaglio del modo in cui l’altro esprime quelle parole e ogni volta che sopravvive a questa esperienza muore un po’ dentro.

Ci si sente impotenti, senza via d’uscita, calpestati nella propria identità, dignità e valore personale. Di qui le emozioni di ansia, colpa e vergogna che possono evolvere fino a patologie quali disturbo depressivo maggiore, disturbi del sonno, e disturbo da stress post-traumatico“, continua.

violenza psicologica

Come reagire?

A questo punto dobbiamo chiederci (ed è questa la domanda che più spesso pongono i pazienti alla nostra psicologa Ines Catania):

Come reagire alla violenza psicologica? Perché lasciare che gli effetti di attacchi simili facciano parte della propria vita? Quanto tempo continuare a sopportare e permettere di riempire la propria autostima di offese, critiche, umiliazioni?

L’abuso emotivo, come qualsiasi altra forma di violenza, prospera nell’oscurità quando nessuno lo capisce, ne parla o lo riconosce.

Per uscire da queste difficili situazioni relazionali la parte più complicata è riconoscere che ciò che si sta vivendo è qualcosa di tossico per liberarsi dal quale è necessario chiedere aiuto“, afferma.

“Trappola psicologica travestita da amore”

Reagire alla violenza psicologica non è facile, soprattutto quando sono coinvolte tante emozioni profonde. Ma è un passo necessario per ritrovare la serenità e la felicità, uscendo da una trappola psicologica travestita da amore.

Concludo riportando una frase che mi piace moltissimo: ‘Le donne hanno un unico difetto, a volte si dimenticano di quanto valgono“, precisa la psicologa.

Dovremmo partire proprio da qui, per non permettere a niente e nessuno di annientare la nostra essenza e distruggerci. Nulla vale più della nostra vita, della nostra tranquillità e, soprattutto, del sorriso. Qualsiasi cosa tenda a strapparcelo via, va estirpato. Con determinazione. Una volta per tutte.

La violenza, sotto qualsiasi forma si manifesti, resta sempre e comunque un fallimento.