“Punto pieno” di Simonetta Agnello Hornby

“Punto pieno” di Simonetta Agnello Hornby

I suoi lettori hanno imparato a conoscerla da un decennio moltiplicato per tre, da quel “dì di festa” cit., che da Londra, sua città d’adozione, Simonetta Agnello Hornby ha cominciato a scrivere della sua Sicilia. Ad ogni pubblicazione rivela un segreto, racconta il percorso secolare di una famiglia per una, due, tre generazioni.

Punto pieno” è il nuovo gioiello firmato dalla instancabile scrittrice di origine palermitana la cui penna Italo-inglese dipinge il secolo in casa della famiglia Sorci, tanto aristocratica quanto prolifica di figli concepiti al di fuori del sacramento.

Palermo, 1955. Le due sorelle del barone Enrico Sorci, Rachele e Sara, insieme alla cugina Beatrice, ridisegnano la loro vita di donne anziane nella istituzione di una scuola di ricamo. L’arte allontana i pensieri negativi dalla mente impantanata nella pozzanghera del disagio. A questo mira il “Circolo del Punto Pieno“, un’attività in soccorso della serenità rubata attraverso l’intelaiatura di seta, lino, cotone, fiori e foglie sdraiati sulla stoffa in attesa dell’arcobaleno.

Le Tre Sagge, così venivano chiamate le zie, confidavano che dal ricamo sarebbe emersa la luce oscurata dal destino malvagio. Come regno del ricamo era stata scelta la sagrestia della Chiesa dei Santi Scalzi, una sala luminosa grazie a monumentali finestre che dal tetto irradiavano luce fino agli angoli più ombrosi.

Di generazione in generazione la famiglia Sorci fu testimone degli eventi storici destinati a scrivere le pagine tristemente memorabili della Penisola.

Un secolo diviso in due, da un lato la resistenza delle tradizioni siciliane radicate nelle fondamenta dei palazzi, dall’altro l’occhiolino per nulla discreto all’evoluzione del tessuto sociale tenta di vincere la riluttanza al cambiamento.

Nei salotti della Palermo aristocratica il tempo scorre dalla parte del malaffare che addestra uomini a ingoiare denaro e dignità con i tentacoli del cancro sociale: la mafia.

In questo contesto la famiglia Sorci non può che combattere a suo modo le proprie debolezze materializzate in tradimenti, gelosie, avidità, una violenta sfida di peccatori ben coscienti del male in tasca.

L’incipit delle pagine tinte di giallo è inaugurato con l’assassinio della domestica di Andrea Sorci nella camera da letto del figlio del barone. L’omicidio sarà presto insabbiato nel regno bugiardo, il nobile cognome farà eclissare la violenza nel dimenticatoio dei blasonati (nonché pettegoli) salotti palermitani.

Rico, nipote di Andrea, abusa della pazienza della moglie Rita, donna tradita ma piena d’amore per l’altra metà del letto ingombrata da un fedifrago depresso. Altro colpo inferto alla solidità della famiglia Sorci, ecco che la notizia del rapimento di Enrico sconvolge gli equilibri seppur labili.

Le disperazioni in pace con la guerra domestica sembrano non finire mai.

Intanto al “Circolo del punto pieno” sempre più aspiranti ricamatrici chiedono di essere ammesse in quella scuola di sollievo dove le lunghe ore di ricamo su lenzuola, asciugamani, tovaglie, corredini, fanno da tramite al beneficio terapeutico delle donne messe a dura prova dalla vita.

“Le donne a poco a poco  facevano conoscenza e a volte si parlavano. Ricamando veniva naturale  usare la parola ma non si trattava di ciarmulìo o pettegolezzo, bensì di vere e proprie confessioni fatte necessariamente ad occhi bassi, perché negli occhi non si guardava mai per non perdere il punto, e questo vinceva la timidezza delle più ritrose, aiutando a condividere segreti e dispiaceri il cui peso sarebbe stato più difficile reggere da sole”.

Nel romanzo, la saga familiare dei Sorci concede riposo alla gugliata di filo ansiosa di attorcigliarsi sapientemente sul tessuto per dare lettura degli intrighi della nobiltà, anno dopo anno sempre più malandata.

L’egemonia maschile è pressoché assoluta. A questo insulto riservato all’universo femminile fa eco la memoria dei romanzi della Hornby incentrati sulla condizione della donna nel secolo scorso. Educanda o prostituta, che sia madre, moglie o figlia, l’altra metà del cielo non ha niente da temere se accompagnata da un uomo. A seguito della dipendenza fisica e psicologica la morte anticipa lo sfratto senza alcun movente.

Righe da pelle d’oca descrivono la pratica del panno freddo, in uso fino agli anni ’50. La nascita di una figlia femmina costituiva un peso per la famiglia considerato che per sposarla o per mandarla in convento bisognava presentarla con una dote. Appena nata la sventura della famiglia si avvolgeva il corpicino in un panno freddo, poche ore dopo il cielo era pronto ad accogliere un nuovo angelo.

Mancano dieci anni alla chiusura del secolo quando le stragi di Capaci e Via D’Amelio seppelliscono ogni speranza dei siciliani in ginocchio davanti alle bare del giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e il giudice Paolo Borsellino, seguiti nella morte dagli angeli della scorta. Vita giusta in pasto a gambe che mai avrebbero dovuto toccare terra prepara il letto al fiume di sangue abbandonato al martirio.

“Soffre la Sicilia, di un eccesso di identità, né so se sia un bene o un male. Certo per chi ci è nato dura poco l’allegria di sentirsi seduto sull’ombelico del mondo, subentra presto la sofferenza di non sapere districare fra mille curve e intrecci di sangue il filo del proprio destino”.

Del secolo che fu pietra miliare della nobiltà in declino restano i balconi in pietra lavica sotto cui soleva passeggiare il traditore a braccetto con il suo nemico. Nella corte dei palazzi la famiglia cominciava a riporre sottochiave il perdono annebbiato dai rancori tenuti in piedi dalla stella che non conobbe paradiso.