La Sicilia sta uccidendo le sue tartarughe, da Catania un grido d’aiuto: carcasse sulle spiagge – i DETTAGLI

La Sicilia sta uccidendo le sue tartarughe, da Catania un grido d’aiuto: carcasse sulle spiagge – i DETTAGLI

CATANIA – “La Sicilia è una regione meravigliosa dove gli elementi acqua, terra ed aria si incontrano dando vita ad ambienti unici. Il popolo, quello genuino, che la abita è fiero e orgoglioso di vivere la propria terra, ma al tempo stesso indignato per come viene sporcata e maltrattata, a parlare è Diego Fiorentino, volontario del WWF.

La Sicilia e la morte delle sue tartarughe

Ambienti fragili e delicati sono le coste che hanno subito negli anni l’aggressione dell’uomo sia diretta che indiretta. Nonostante ciò, esse sono frequentate da molte specie di animali selvatici. Tra queste, la tartaruga marina Caretta caretta utilizza da sempre le spiagge sabbiose per deporre le proprie uova, ma da qualche anno il WWF testimonia con dati certi la percentuale di nidi sul territorio siciliano.

La Sicilia infatti risulta essere una delle regioni italiane col più alto numero di siti di nidificazione. Tutto ciò è stato possibile verificarlo attraverso il censimento e il lavoro dei volontari del WWF che monitorano chilometri di costa alla ricerca delle tracce lasciate da mamma tartaruga, mettendo così in sicurezza i nidi esposti a vari pericoli. Questo è l’unico momento in cui solo la tartaruga femmina esce dall’elemento acqua per recarsi sulla spiaggia, dove lei stessa è nata, e affida così il suo carico di uova. A quel punto, sarà il calore del sole che, scaldando la sabbia, farà sviluppare le giovani tartarughe.

“Ricordiamo che se si dovesse avvistare una tartaruga, che scava e depone le uova, non va assolutamente disturbata con fotografie e schiamazzi, ma va segnalata alle autorità”, prosegue Fiorentino.

“Purtroppo durante la ricerca dei nidi – continua – i volontari si sono trovati spesso davanti agli spiaggiamenti di esemplari adulti morti per cause poco chiare. Spesso è la segnalazione dei cittadini che, a seguito del ritrovamento di una o più carcasse di Caretta caretta, ci avvisano o allertano la Capitaneria di Porto. Se negli anni passati i ritrovamenti di esemplari morti raggiungevano numeri tollerabili, a partire da quest’anno i rinvenimenti di carcasse sono stati particolarmente disastrosi tant’è che dallo scorso maggio –  periodo che corrisponde all’inizio della deposizione – a ora il loro numero ha superato i 20 soggetti. Già era grave la perdita di pochi esemplari, ma gli ultimi numeri sono intollerabili per una specie a rischio e che è ancora minacciata.

Qual è la causa? Come possiamo evitare la loro morte?

La Caretta caretta è un rettile perfettamente adattato alla vita acquatica da milioni di anni. Una volta adulta non ha grandi predatori che potrebbero ucciderla. Si ciba di diversi organismi quali piccoli pesci, crostacei, molluschi e meduse e scambia spesso queste ultime con la plastica che una volta ingerita occlude l’intestino. La plastica è quindi una delle cause di morte delle tartarughe.

Le tartarughe sono degli animali schivi e non si lasciano avvicinare facilmente in acqua quando stanno bene, ma se si incontra una tartaruga in evidente stato di difficoltà bisogna farla uscire dall’acqua e nell’attesa che giungano i volontari o la Capitaneria bisogna posizionarla in un punto fresco e bagnarla di frequente.

Un’altra causa di morte è certamente la pesca intensiva. Alcune tartarughe vengono recuperate ancora vive con la lenza che fuoriesce dalla bocca o dalla cloaca. Questo è il segnale che hanno ingerito l’amo. Per questi animali il recupero immediato e il trasporto verso un centro specializzato fa si che, una volta estratto l’amo e dopo un periodo di riabilitazione, sarà possibile rimetterle in mare.

Spiega Diego Fiorentino: “Ricordiamo che la tartaruga è un animale provvisto di polmoni pertanto per respirare deve uscire la testa dall’acqua come facciano noi umani. Immaginate cosa accadrebbe se per qualche causa dovesse rimanere intrappolata sott’acqua. Annegherebbe! E se questa causa fosse attribuibile ai chilometri di reti da pesca da pesca disseminati lungo tutto il Golfo di Catania e in particolar modo nel tratto di Agnone, dove sono stati trovati quasi tutti gli esemplari morti!“.

“In questi anni è stata fatta molta sensibilizzazione tra i cittadini e negli stabilimenti balneari, ma la morte delle tartarughe è solo il risultato di un problema ben più grave che riguarda la rottura degli equilibri tra uomo e natura. Ogni uno di noi può fare qualcosa per contribuire ad arginare il problema come ad esempio scegliere di nutrirsi di pesce, pescato anche localmente ma con metodi selettivi (pesce azzurro), oppure ridurre al minimo l’uso della plastica promuovendone il riciclo”, prosegue.

Conclude: “La causa o le cause esatte della moria delle tartarughe non si conoscono ancora, ma si sta procedendo attraverso un lavoro sinergico tra associazioni ambientaliste e gli enti preposti affinché si possa fare luce su questa vicenda”.

Il tragico scenario trovato dai volontari

Sono immagini forti e non adatte alle persone sensibili quelle che stiamo per mostrarvi. Eppure per i volontari del WWF nell’ultimo anno la vista di carcasse abbandonate nelle spiagge siciliane non è purtroppo nuova, poiché foriera di un tragico corso degli eventi che vede questi animali sempre più vittime dell’uomo e della sua noncuranza.

La richiesta è sempre quella di tutelare la specie e allertare i volontari del WWF (clicca qui per i contatti) o la Capitaneria di Porto se si trova in spiaggia un esemplare.