La Sicilia si ribella: lavoratori in strada per proteste a 360°

La Sicilia si ribella: lavoratori in strada per proteste a 360°

SICILIA – Aule semivuote questa mattina negli istituti scolastici del palermitano. I siciliani non vogliono fermarsi.

All’indomani della grande manifestazione generale di protesta contro la riforma “Buona scuola” del governo Renzi, che ieri mattina ha convogliato i protestanti provenienti da tutta la Sicilia orientale nelle strade principali del capoluogo etneo, oggi lo stato di agitazione rimane a Palermo. 

Grazie ad un tam tam sui social media i genitori degli studenti hanno potuto conoscere le ragioni dei docenti e decidere di creare un fronte unico sposando la loro causa. Per tale motivo, infatti, questa mattina, molti studenti non sono entrati in classe e si sono quindi astenuti dall’esercitare il proprio diritto allo studio, boicottando le prove Invalsi. “Non vogliamo che i nostri figli vengano penalizzati da questa riforma” dichiara un genitore, motivando la propria scelta a manifestare insieme con altri padri e madri davanti la scuola dalle 7.50 alle 8.30.

Quella odierna, però, è una mattina molto calda sul fronte proteste. Ci spostiamo su Catania dove i 53 dipendenti della Coop Sim, che ieri hanno aderito allo sciopero della scuola “per solidarietà al mondo dell’istruzione e dei lavoratori del settore pubblico”, stanno protestando sul tetto dell’Asp3 di via S. Maria La Grande. Dopo “avere cercato ripetutamente confronti in prefetture, con l’Asp e l’azienda” lo stato di agitazione rimane contro l’assegnazione dell’appalto relativo ai loro servizi ad una cooperativa che ha vinto con un ribasso dal 30%. I sindacati esprimono solidarietà ai lavoratori e puntano il dito contro “l’indifferenza della politica e della Regione”.

Anche i lavoratori dell’Ato Belice Ambiente incrociano oggi le braccia per l’intera giornata. Alla base dello sciopero, indetto dalla Cgil insieme con la Cisl e alla Uil, “vi è anche la mancata erogazione delle somme dovute dai comuni soci alla Belice Ambiente e l’insostenibile condizione di lavoro dei dipendenti per i fatiscenti mezzi con i quali effettuano la raccolta dei rifiuti”, spiegano i sindacati.

Inoltre, per la serie “prima o poi tutti i nodi vengono al pettine”sono settimane di grosso fermento quelle attuali e quelle che attendono la nostra isola perché per il 19 maggio i medici della continuità assistenziale dell’Asp6 di Palermo hanno indetto uno sciopero per “individuare il percorso costruttivo di condivisione e soluzione delle problematiche nel tempo sollevate”In concomitanza con lo sciopero nazionale proclamato dalla Fimmg per lo sblocco delle trattative del nuovo accordo collettivo nazionale “protesteranno con un sit-in e un corteo per sensibilizzare i cittadini sull’assenza di una politica aziendale che tuteli la salute dei cittadini e dei medici” dichiara Luigi Tramonte, segretario provinciale settore Fimmg CA Palermo. 

Tempi duri per il lavoro in Sicilia. Pericolo di licenziamenti anche per i dipendenti di ventidue enti di formazione di tutta la Sicilia. A chiedere un tavolo per affrontare la grave crisi la Cisl Scuola tramite il responsabile della formazione, Giovanni Migliore. Gli enti per i quali la Cisl sollecita il tavolo sono Ial Sicilia, ed altri revocati quali Anfes, Aiprig, Ancol, Aram, Cufti, Efal Messina, Esfo Ctrs, Ecap Palermo, Emmeciquadro, Enaip Ragusa, Enfap Sicilia, Eureka Geoinformatica, Iraps, Irfap, Issvir, Informhous, Interconsult, Ipf, Lumen, Sicilform e Cefop-Cerf.

“Di fatto è stato revocato l’accredito alle realtà che hanno fatto la storia della formazione professionale in Sicilia – dichiara Migliore – Il governo deve trovare soluzioni per garantire il servizio in Sicilia e dare una prospettiva agli operatori”.

In ultimo, sempre a Palermo, nel giorno dello sciopero di 8 ore proclamato dalla Fiom, gli operai della Fincantieri manifestano preoccupazione perché i lavori in cantiere rischiano di fermarsi a giugno e “solo Palermo sembra essere stata esclusa dal ciclo produttivo” dichiarano i lavoratori. Si chiede, quindi, il rinnovo del contratto integrativo disdettato da Fincantieri e la realizzazione del bacino da 80 mila tonnellate, che ha subito uno stop per la mancata approvazione da parte dell’Ars dell’emendamento che stanziava 15 milioni per la sua realizzazione. La situazione risulta aggravata dal decurtamento del salario di 3.500 euro l’anno per ogni dipendente.