La relazione medico-paziente come “terapia” nell’emergenza sanitaria

La relazione medico-paziente come “terapia” nell’emergenza sanitaria

Siamo di nuovo nel pieno dell’emergenza sanitaria che pensavamo di esserci ormai lasciati alle spalle. Oggi come non mai medici, infermieri e personale sanitario sono in prima linea per far fronte a una situazione sempre più difficile sia dal punto di vista clinico che psicologico. 

In questo contesto, ho ritenuto interessante proporvi una breve riflessione sull’importanza della relazione tra medico e paziente, proprio in un periodo così particolare in cui un rapporto di fiducia e di comunicazione positiva con il proprio medico è fondamentale per una corretta gestione dell’emergenza sanitaria.

Secondo Michael Balint, psicoanalista ungherese famoso per i suoi studi sulla relazione medico-paziente e per il suo metodo noto come “medicina centrata sul paziente”, il medico rappresenta il “farmaco” più frequentemente prescritto ma la sua “farmacologia” rimane sostanzialmente sconosciuta. È ormai ampiamente riconosciuto, anche in ambito medico, che la relazione tra il medico e il paziente, e in particolare il clima che si instaura tra i due sin dai primi minuti del loro incontro, assume un’importanza fondamentale per l’andamento del processo di cura e per l’instaurarsi di una buona compliance da parte del paziente, ovvero l’adesione di quest’ultimo alla terapia proposta dal medico. 

Tuttavia, pur essendo il medico il “farmaco” di maggior consumo, la formazione dei futuri medici non prevede una preparazione approfondita sulle dimensioni psicologiche e relazionali implicate nella professione medica. La medicina contemporanea, infatti, presta molta attenzione alla malattia e ai sintomi, molto meno alla persona malata e poco o nulla alla relazione medico-paziente, per quanto le vicissitudini di tale relazione siano così spesso causa di insoddisfazione e di ansietà per entrambi i partecipanti, oltre che fonte di frequenti errori diagnostici e terapeutici (fonte: Società Psicoanalitica Italiana).

Oggi, il potere delle tecniche diagnostiche e terapeutiche è cresciuto enormemente e parallelamente è progressivamente diminuita la fiducia nutrita dal paziente nei confronti del medico. Gli errori e gli insuccessi terapeutici vengono più facilmente attribuiti al medico che, in quanto uomo, può sbagliare, e il paziente si sente rassicurato più dal dato di laboratorio o dai risultati degli esami diagnostici che dalla parola del medico. Vanno anche considerati i vissuti del medico che, di fronte allo sviluppo tecnologico e alle enormi potenzialità diagnostiche e terapeutiche di cui dispone, avverte la paura dell’errore, del fallimento e dell’inadeguatezza.

La conseguenza è che sempre più pazienti si lamentano dei loro medici dai quali non si sentono compresi e ascoltati, e sempre più medici lamentano la loro estrema difficoltà a porsi in relazione con i loro pazienti. Celebre, a tale proposito, è la frase del medico di campagna di Kafka: “Scrivere ricette è facile, difficile è trattare con la gente!”.

Le difficoltà che insorgono all’interno della relazione tra medico e paziente sono ormai oggetto di studio già da alcuni decenni. L’evoluzione delle discipline psicologiche offre al medico gli strumenti metodologici per affrontare questo problema in maniera adeguata e per orientare in modo produttivo la relazione con il paziente. 

È fondamentale che il medico sappia riconoscere il valore intrinseco della relazione con il paziente e imparare ad usarla con la stessa attenzione con cui userebbe un farmaco, potenzialmente non privo di effetti collaterali. L’obiettivo fondamentale è quello di trasformare la relazione medico-paziente in un atto terapeutico attraverso il quale il medico possa, come affermato da Balint, somministrare se stesso come farmaco”.