Operazione Lighthouse of Sicily, le mani della mafia nigeriana sulla droga di Catania e Caltanissetta – I DETTAGLI

Operazione Lighthouse of Sicily, le mani della mafia nigeriana sulla droga di Catania e Caltanissetta – I DETTAGLI

CATANIA – L’esecuzione dell’operazione di polizia ha avuto per oggetto l’articolazione siciliana del Cult M.A.P.H.I.T.E. (acronimo di Maximo Academyc Performance Higly Intellectual Empire) denominata “Family Lighthouse of Sicily” e ha impegnato centinaia di uomini, con il supporto di personale del Servizio di Polizia Scientifica, dei Reparti Prevenzione Crimine Sicilia Orientale ed Occidentale e la collaborazione delle Squadre Mobili di Caltanissetta, Cosenza, Firenze, Messina, Palermo, Roma e Vicenza.

Il richiamato decreto di fermo accoglie le risultanze investigative acquisite nel corso di una complessa attività di indagine avviata nel mese di maggio 2019 a seguito delle dichiarazioni rese da un collaboratore di giustizia già destinatario di provvedimento di fermo di indiziato di delitto emesso in quanto appartenente alla associazione mafiosa di matrice cultista “The Supreme Eiye Confraternity (S.E.C.)”.

Le indagini, durate poco più di un anno, coordinate dalla Procura Distrettuale etnea e condotte dalla Squadra Mobile – Sezione Criminalità Straniera, caratterizzate dal monitoraggio telefonico di circa cento utenze e dall’ausilio di qualificati interpreti, hanno consentito di acquisire un chiaro quadro della connotazione mafiosa del cult investigato desumibile: per un verso, dall’esistenza di una struttura gerarchica con correlato assoggettamento dei membri in posizione subordinata ai voleri dei soggetti in posizione apicale, dalla ripartizione interna in aree di influenza territorialmente delineate, dalla sottoposizione ad eventuali riti di affiliazione, dai rapporti con altre articolazioni del Cult sul territorio italiano, dal supporto e dal mutuo soccorso garantito ad ogni affiliato dal gruppo; per altro verso, dall’utilizzazione della carica intimidatrice e dalla situazione di assoggettamento e omertà sprigionantesi verso l’esterno ricavabile dagli scontri e dai rapporti con altri gruppi criminali parimenti connotati, dalla realizzazione di delitti e dalle modalità intimidatorie di azione.

Sin dall’inizio dell’attività tecnica, gli esiti hanno supportato le dichiarazioni rese dal collaboratore e hanno consentito di identificare numerosi appartenenti al Cult Maphite facenti parte della famiglia Lighthouse of Sicily e di verificare un importante traffico di stupefacenti gestito da alcuni degli affiliati al clan.

In costanza di attività captativa sono state intercettate numerose riunioni del gruppo, i legami dell’articolazione investigata con altre articolazioni dello stesso Cult operanti in altre parti del territorio, i commenti dei sodali all’esecuzione di provvedimenti restrittivi di altre autorità riguardanti altri accoliti del medesimo Cult o di altri Cults, i contatti con altri affiliati dimoranti in diverse parti di Europa, l’organizzazione del traffico di stupefacenti, così consentendo l’acquisizione di informazioni molto importanti.

 

 

È stato possibile ancorare quantomeno all’anno 2016 il radicamento del Cult Maphite sul territorio siciliano grazie a uno scontro avvenuto a Catania nel mese di novembre 2016 tra i massimi esponenti dei Maphite siciliani (Ede Osagiede detto Babanè e Godwin Evbobuin detto Volte) e i massimi esponenti del Cult Black Axe, scontro determinato dalla esigenza dei due Cults antagonisti di affermare la prevalenza del proprio predominio sul territorio: l’articolazione siciliana dei Maphite non risultava tuttavia presente solo sul territorio di Catania, le indagini consentivano di individuare diversi sodali in più territori della regione, precisamente nelle città di Caltanissetta, Palermo e Messina.

E proprio a Caltanissetta, dopo gli scontri del 2016 e un successivo periodo di carcerazione, aveva deciso di stabilirsi il Don, il capo dell’articolazione, Ede Osagiede detto Babanè.

Se la Sicilia era il regno della famiglia Lighthouse of Sicily governata da Babanè, Caltanissetta era sicuramente la sua reggia, potendo contare su numerosi soggetti, uomini e donne, alle sue ossequiose dipendenze, impiegati nello svolgimento di incombenze di qualsiasi tipo.

Allo stesso modo Godwin Evbobuin, detto Volte, era leader indiscusso a Catania e dotato di un particolare eclettismo criminale (pur avendo una rilevante expertise criminale nel settore degli stupefacenti appariva capace di dedicarsi anche ai falsi, alla ricettazione di apparecchi cellulari, ai recuperi di crediti utilizzando il timore ingenerato nei connazionali dalla sua carica cultista, a precostituire false documentazioni ai fini del rilascio del permesso di soggiorno per connazionali).

Volte e Babanè risultavano gestire una intensa attività di narcotraffico. Risultavano avere comuni canali di approvvigionamento ed esser talvolta cointeressati alla medesima operazione economica, sebbene fossero dediti a un proprio mercato condotto e controllato svolto rispettivamente da Volte sulla piazza di Catania e da Babanè su quella di Caltanissetta.

Varie le peculiarità del narcotraffico esercitato dai due esponenti apicali dei Maphite già citati: in primis, una contaminazione delle piazze locali.

 

 

Mentre in passato il narcotraffico gestito dai gruppi cultisti era un settore etnico ovvero caratterizzato dalla nazionalità e che escludeva la presenza di soggetti italiani (si trattava in buona sostanza di venditori nigeriani, di fornitori nigeriani e assuntori nigeriani, con qualche occasionale intrusione di soggetti ghanesi o gambiani), la expertise criminale di Volte e Babanè li portava a aver acquirenti italiani (soggetti che acquistavano per poi rivendere a terzi assuntori).

In secondo luogo, la incredibile capacità di Volte e Babanè di assicurarsi regolarmente forniture di stupefacente a costi concorrenziali sul mercato, forniture che venivano recapitate direttamente in loco ai due richiedenti da soggetti residenti in altre parti d’Italia, personalmente o attraverso una serie di corrieri pronti a occultare all’interno del corpo sostanze e viaggiare in cambio di pochi euro.

In terzo luogo, entrambi gli indagati non risultavano impegnati direttamente nella gestione di una piazza di spaccio, ma si collocavano a un livello più elevato della filiera del narcotraffico.

Volte si rapportava solo con i suoi fornitori nigeriani e ai suoi committenti italiani ai quali assicurava forniture di eroina che gli stessi poi rivendevano a terzi.

Babanè, dalla sua abitazione, controllava il traffico di stupefacenti gestito da nigeriani in territorio nisseno, percependo somme di denaro dai connazionali che spacciavano in strada e rifornendoli e facendosi erogare quantità di stupefacenti per clienti fidati oppure, si rapportava ai suoi stabili fornitori di eroina, in tutto ciò facendosi coadiuvare da soggetti fidati nella gestione più pratica.

In corso di attività captativa è stata data esecuzione, in data 18 luglio 2019, a due diversi decreti di fermo emessi dalle DDA di Torino e di Bologna nei confronti di numerosi appartenenti al Cult Maphite operanti nei territori piemontesi e dell’Emilia Romagna.

Entrambe le operazioni hanno rappresentato l’esito di una complessa attività investigativa dalla quale è emersa la “Green Bible” (ovvero una sorta di costituzione del gruppo Maphite il cui possesso consentiva il potere di procedere alla affiliazione di nuovi membri).

L’attività tecnica in corso ha permesso di cogliere i commenti dei Maphite siciliani in osservanza ai precetti contenuti nella Green Bible, gli indagati erano soliti utilizzare un’ossessiva cautela nelle comunicazioni e nei comportamenti.

Dopo le formalità di rito, i soggetti destinatari del decreto di fermo sono portato nelle carceri dei luoghi dove sono stati rintracciati, a disposizione dell’autorità giudiziarie. Le autorità competenti hanno convalidato il decreto emesso, applicando la misura di custodia massima per 24 dei destinatari del provvedimento citato. Non è stata applicata la misura cautelare nei confronti degli indagati Osas e Igbineweka.