Emozioni e memoria, ricordo di canzoni e film d’infanzia: i meccanismi mentali tra “effetto terapeutico” e malinconia

Emozioni e memoria, ricordo di canzoni e film d’infanzia: i meccanismi mentali tra “effetto terapeutico” e malinconia

L’infanzia è il momento in cui la vita dovrebbe essere più semplice e gioiosa. In  questo periodo formativo per l’esperienza di vita personale, ognuno immagazzina ricordi importanti, potenzialmente indelebili.

Molti di questi sono legati a due dei passatempi principali di milioni di persone nel mondo a qualsiasi età: la musica e i film. Entrambi hanno un significato profondo, sono legati al modo in cui si cresce e all’atteggiamento che si assume nei confronti della vita e ci accompagnano “silenziosamente” durante tutto il nostro viaggio personale.

Nel periodo dell’infanzia la personalità dell’individuo è in piena formazione e una canzone speciale o un film d’impatto possono letteralmente cambiare la vita. E rivedere o riascoltare qualcosa che suscita un ricordo positivo, inoltre, ha senza dubbio un effetto sull’umore: può rallegrare una giornata triste o perfino diventare una “terapia” nei momenti peggiori. Lo dimostrano commenti e condivisioni sui social: “Questa canzone riesce sempre a mettermi un sorriso sulle labbra”, “Questo film descrive la mia vita”, “Sembra che abbiano letto il mio diario”, “Ogni volta che sento queste parole ricordo una persona cara e la sento vicina”

Ma una domanda sorge spontanea: perché tutto ciò accade? Quali sono i meccanismi che si mettono in moto quando certi ricordi arrivano perfino a cambiare la giornata? Lo spiega il dottor Davide Ferlito: “Per capire il meccanismo dobbiamo sottolineare la stretta relazione tra memoria ed emozioni. È noto, infatti, che i ricordi con una connotazione emotiva vengano rievocati dalla nostra mente con maggiore rapidità e semplicità. Il nostro cervello, quindi, va a immagazzinare in maniera più incisiva proprio quegli eventi in cui abbiamo provato un forte coinvolgimento emotivo, andando a registrarli in maniera estremamente dettagliata. Abbiamo, inoltre, una specifica componente mnemonica connessa alle nostre esperienze personali, la cosiddetta memoria autobiografica in cui vengono registrati i fatti e gli episodi della nostra vita”.

Un aspetto affascinante relativo al funzionamento di questa memoria autobiografica è il suo profondo legame con i sensi. Tutto ciò che facciamo con essi diventa parte di noi ed è quasi impossibile rimuoverlo dalla nostra mente: “Va sottolineato come stimoli esterni di diversa natura possano favorire l’emergere di specifici ricordi. Un aspetto importante, in tal senso, è dato dai nostri sensi. Vista, olfatto, gusto, udito e tatto svolgono, quindi, un ruolo fondamentale. Ciò avviene perché è la memoria stessa ad avvalersi di questi ultimi, andando a imprimere nella mente quelle sensazioni olfattive, visive, uditive, tattili e uditive provate durante eventi emotivamente rilevanti. Un determinato odore o sapore, ad esempio, può riportarci alla torta che cucinava la nonna a cui eravamo molto legati e rievocare le emozioni provate in quei momenti. Ciò avviene anche con le immagini e i suoni”.

Ovviamente, il passato, positivo o negativo che sia, non può svanire nel nulla con l’ingresso nell’età adulta. Sensazioni ed emozioni accompagnano, in maniera più o meno forte e più o meno implicita, tutti i momenti della quotidianità: “Naturalmente così come il ricordo viene registrato meglio in memoria quando è emotivamente significativo, allo stesso modo, le emozioni provenienti dal passato possono influenzare quelle presenti e future. Ciò avviene perché il rapporto tra queste due importanti componenti è bidirezionale: le emozioni influenzano la memoria e quest’ultima, con il suo rievocare quelle specifiche sensazioni emotive, va a modificare il nostro stato d’animo”, spiega il dottor Ferlito.

Come accennato, spesso rievocare il passato felice (musica, giochi, film, ecc…) sembra avere un effetto terapeutico, arrivando perfino a rendere possibile il miglioramento di una persona colpita temporaneamente da uno stato di ansia o tristezza particolare: “Ciò è possibile in quanto veniamo proiettati a specifiche sensazioni che possono farci sentire meglio, sebbene momentaneamente, distraendoci dal dolore presente e riportandoci a un istante felice”.

Ciò nonostante, tutto questo non è privo di “controindicazioni” o potenziali pericoli: “Si tratta di un’arma a doppio taglio perché il ricordo positivo può elicitare anche una condizione di malinconia per quello che è stato e non è più, rafforzando l’insoddisfazione per il proprio presente. Se da un lato, ad esempio, il ricordare un momento piacevole vissuto con una persona cara che non c’è più potrebbe renderci felici, facendoci risentire le stesse sensazioni provate con lui/lei; dall’altro se il lutto risulta non ancora elaborato, tale condizione può riacutizzare il dolore della perdita. Se, infatti, si rimane troppo legati alle sensazioni passate, laddove, invece, il proprio presente risulti completamente insoddisfacente, sarà forte il senso di frustrazione vissuto, con il rischio che emerga l’idea che quei momenti di felicità non possano più tornare”, prosegue il dottor Ferlito.

“Se, al contrario, riusciamo a guardare al passato col giusto distacco, i ricordi felici si limiteranno ad allontanare le sensazioni negative, rappresentando solo parti, sicuramente importanti, di una storia ancora da scrivere. In questo processo anche la musica, i film e i giochi dell’infanzia svolgono un ruolo importante, in quanto rientrano tra quegli stimoli in grado di fare emergere specifiche emozioni connesse a ricordi anche molto lontani dal nostro presente. Il riascoltare una determinata canzone, infatti, può farci rivivere nel qui e ora le stesse sensazioni dell’allora, facendoci sentire esattamente come quando eravamo piccoli: queste parole conclusive del dottor Ferlito avviano una riflessione su come utilizzare una fonte incredibile e potenzialmente infinita di buon umore per stare bene senza rischiare di trasformare ricordi meravigliosi in malessere e insoddisfazione e rendere la memoria dell’infanzia uno strumento per stare meglio nei momenti di debolezza.

Fonte immagine: Pixabay – SeeReeds