Se il Liotru e Bellini potessero parlare, i simboli di Catania “aspettano” l’abbraccio della città

Se il Liotru e Bellini potessero parlare, i simboli di Catania “aspettano” l’abbraccio della città

CATANIA – Da caotica, frenetica e piena di vita a silenziosa e solitaria. È la spiazzante metamorfosi che la città di Catania ha conosciuto in queste settimane di quarantena. Non più passeggiate al lungomare o per via Etnea, stop alle serate tra amici trascorse tra un drink e l’altro in piazza Vincenzo Bellini e basta alle visite culturali tra le bellezze del barocco siciliano.

I cittadini catanesi hanno rivolto un “arrivederci” a tutte quelle attività all’aperto che contribuivano ad animare le giornate nella città dell’elefante e si sono ritirati tra le mura domestiche, in attesa di poter riprendere gradualmente i propri passi interrotti nel corso della cosiddetta “Fase 2”. Frattanto, nel corso di questo tempo “sospeso”, il capoluogo etneo si è scoperto assorto in una realtà distopica ed eccezionale.

Tra le vie, gli incroci e le piazze restano svelati quei monumenti di cui Catania è ricca e per i quali è ammirata e frequentata. E chissà quale opinione potrebbero avere di questa situazione i simboli catanesi, abituati a essere ritratti in migliaia di foto ricordo. Nella centralissima piazza Duomo c’è il “Liotru”, emblema della città che si chiede perché nessuno si affretta più a sedersi sui gradini sottostanti il suo piedistallo.

Dove siete finiti? Tornate presto, mi mancate“, potrebbe essere stato di recente il suo pensiero nascosto dietro le zanne e lo sguardo sorridente che rivolge da secoli all’indirizzo della Cattedrale di Sant’Agata. Il nostro elefante, in questi primi giorni di maggio, ha dovuto anche fare a meno di salutare con la proboscide i mezzi dell’Amt che transitavano regolarmente in piazza, a seguito della disposizione del Comune che ha istituito il divieto di circolazione.

In piazza Stesicoro il sommo Vincenzo Bellini osserva “Catania vecchia” dall’alto della sua sedia di marmo e a fargli compagnia sono soltanto i colombi che bazzicano come da tradizione ai suoi piedi. Di tanto in tanto, le allegorie delle sue opere “Norma“, “I Puritani“, “Il Pirata” e “La Sonnambula” lo informano degli sparuti spostamenti che si intravedono in lontananza. Sempre “il Cigno” catanese attende pazientemente a braccia conserte nel foyer dell’omonimo teatro di tornare a sentire melodie a lui familiari.

Situazione simile in piazza Roma, dove Umberto I di Savoia non vede più nessun andirivieni di studenti impegnati a manifestare per i propri diritti e si vede costretto a tranquillizzare il suo destriero. E ancora, i mezzibusti di Luigi Capuana, Giovanni Verga, Nino Martoglio e Federico De Roberto e altri ancora, presenti nel viale degli Uomini Illustri dell’ala ovest di villa Bellini, si chiedono se qualcuno tornerà finalmente a osservarli, tuttavia senza privarli dei loro nasi così avvenuto in passato.

La bella Proserpina, che da oltre cento anni in via VI aprile prova a divincolarsi dalle grinfie di Ade, signore degli Inferi, si interroga sul perché di quelle camminate scomparse lungo il “Passiatore”. Contemporaneamente, lo Stallone Ferito di piazza Galatea si meraviglia dell’assenza dei mezzi che normalmente transitano per raggiungere viale Africa e piazza Europa.

Granitiche, silenziose ma attente osservatrici, le statue catanesi contemplano la città che, con la fine del lockdown, aspetta di riappropriarsi della vita di tutti i giorni. I loro volti, scolpiti nel marmo o levigati nella pietra lavica, non hanno bisogno di mascherine per proteggersi e ci invitano, idealmente, a esplorare Catania con occhi diversi e a riservarle un gesto d’amore in più, costituito da una maggior cura per il proprio patrimonio culturale una volta conclusa definitivamente la “tempesta”.

Immagine di repertorio