Cassazione: sms, chat e email valgono come prove nel processo civile

Cassazione: sms, chat e email valgono come prove nel processo civile

Lo ha deciso la Corte di Cassazione, I sezione civile, con l’ordinanza n. 19155/2019, con la quale ha riconosciuto ai messaggi di testo, alle chat e alla posta elettronica semplice lo stesso valore di prova che il Codice civile attribuisce alle riproduzioni informatiche.

Decisione che dovrebbe porre un freno alle perizie che fino ad oggi vengono effettuate per verificare se il testo sia effettivamente quello partito da un dispositivo ed arrivato all’altro o per accertare se l’email sia stata davvero ricevuta o non si tratti di un “falso informatico”.

  • La vicenda

In primo grado, in un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, il Giudice di Pace di Mantova revocava il decreto con cui il padre di un minore era stato condannato a versare alla madre la somma di 2.684,43 euro a titolo di rimborso delle spese straordinarie sostenute da quest’ultima nell’interesse del figlio quale contributo ulteriore (versando il padre già 250 euro al mese) per le rette dell’asilo-nido. In secondo grado, tuttavia, il Tribunale di Mantova sosteneva che dagli sms dell’uomo inviati alla donna (e contestati solo tardivamente) emergeva l’adesione di lui all’iscrizione del figlio all’asilo nido ed all’accollo da parte sua della metà della retta dovuta. Il padre veniva dunque condannato dal Tribunale a versare la somma.

  • Il ricorso

Tempestivo il ricorso in Cassazione dell’uomo, che lamentava tra le altre:

– la violazione ed errata applicazione degli artt. 2702 e 2712 c.c. per avere il Tribunale riconosciuto efficacia probatoria, quale scrittura privata, a tre messaggi telefonici riprodotti meccanicamente, attribuendoli erroneamente allo stesso quale presunto autore, pur essendo privi di sottoscrizione e del numero di cellulare del soggetto che li aveva inviati e del soggetto che li aveva ricevuti;

– la violazione ed errata applicazione dell’art. 116 c.p.c. per avere il Tribunale attribuito efficacia probatoria piena alla riproduzione meccanica dei tre messaggi telefonici e non efficacia meramente indiziaria, in presenza di contestazione della parte contro cui era stata prodotta, con conseguente erronea valutazione del contenuto degli stessi messaggi.

  • La decisione

La Suprema Corte respinge il ricorso.

In diritto, secondo il Collegio, lo short message service (SMS) contiene la rappresentazione di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti ed è riconducibile nell’ambito dell’art. 2712 c.c. con la conseguenza che forma piena prova dei fatti e delle cose rappresentate se colui contro il quale viene prodotto non ne contesti la conformità ai fatti o alle cose medesime. Il disconoscimento, se e quando avviene, deve essere chiaro, circostanziato ed esplicito, dovendosi concretizzare nell’allegazione di elementi attestanti la non corrispondenza tra realtà fattuale e realtà riprodotta. In fatto, secondo la Cassazione,il Tribunale di Mantova ha giustamente ritenuto che i tre SMS inviati dall’uomo fossero chiari in ordine al suo impegno di accollarsi la metà delle spese relative alla retta dell’asilo-nido e ha giustamente osservato che l’invio ed il contenuto di tali messaggi non erano stati contestati dal padre, se non tardivamente ed inammissibilmente con la comparsa conclusionale. In ogni caso si trattava di una contestazione generica, non sufficiente ai fini del disconoscimento, che deve essere chiaro, circostanziato ed esplicito e concretizzarsi nell’allegazione di elementi attestanti la non corrispondenza tra la realtà fattuale e quella riprodotta.

Nulla da fare dunque per l’uomo i cui SMS costituivano piena prova dei fatti e delle cose rappresentate.