Trafficanti, cattivi e ONG: “Il viaggio è stato duro”, Edris e il racconto di chi è sopravvissuto

Trafficanti, cattivi e ONG: “Il viaggio è stato duro”, Edris e il racconto di chi è sopravvissuto

CATANIA – Edris (il nome è inventato) è arrivato in Sicilia nel 2015. Quando è partito dal Togo, il suo paese di origine, aveva solo 15 anni.

Prima di partire aveva messo da parte un po’ di soldi lavorando nei campi con i sui genitori; quel poco che bastava per pagare la prima parte del viaggio.

Edris è andato via dal Togo con un autobus e con i documenti in tasca. La prima tappa del viaggio è stata il Burkina Faso, una volta giunto là, ne avrebbe preso un altro diretto in Niger. In questi spostamenti non c’era niente di programmato né studiato, ciò che contava era andare via e gli autobus erano gli unici mezzi disponibili.

Impossibile richiedere il passaporto o il visto per prendere un’aereo: troppo cari e non era in grado di affrontare quelle spese.

Fonte immagine: blogspot

La tappa in Niger è stata il punto di svolta di un viaggio iniziato nella legalità. Edris, arrivato alla stazione degli autobus ha chiesto informazioni su come raggiungere la Libia, come aveva fatto fino a quel momento, ma qua, un uomo gli dice che conosce qualcuno che partirà per il Paese nordafricano.

È in questo momento che entra in contatto con i trafficanti. Resterà alla stazione per due settimane, dormendo per strada in accampamenti di fortuna, il tempo utile per raggiungere il numero necessario e partire.

Questa volta il viaggio non lo fa su una Toyota guidata da Libici e Nigeriani. Quando gli chiedi di descrivere le persone che guidavano la macchina, riesce a rispondere in un solo modo: “Cattivi”.

Inizialmente la meta del suo viaggio era la Libia, perché “la Libia era un bel posto quando c’era Gheddafi, la benzina costava poco, volevo lavorare là”.

Arrivato in Libia, però, si è reso conto che la situazione era ben diversa da quella che immaginava.

Ha capito che non era il caso di rimanere per molto tempo là. Ma i documenti che portava con sé gli erano stati sequestrati ed è stato costretto a lavorare per pagare il viaggio via mare. Ormai era in balia dei trafficanti.

Non poteva fare diversamente, la sua famiglia era troppo povera per mandargli dei soldi. Anche se, in parte, questa è stata anche la sua fortuna.

Quelli che avevano le famiglie alle spalle che potevano mandare denaro, magari racimolato tra parenti e membri delle comunità, venivano presi in ostaggio e rilasciati solo dopo aver pagato il riscatto.

Una volta accumulata la somma necessaria per pagare la traversata, gli è stato permesso di prendere il largo con un gommone che sarebbe partito durante la notte.

Non aveva mai visto il mare e non sapeva nuotare, ma dice di non aver avuto paura, anche se la barca si muoveva e c’era vento. Prima di partire, i trafficanti hanno dato delle istruzioni ben precise, un numero di telefono e un cellulare da utilizzare non appena entrati nelle acque del Mediterraneo. Quel telefono sarebbe servito per contattare la “barca grande” e andava buttato in acqua subito dopo.

La barca grande era quella di una Ong con bandiera inglese che li ha portati sani e salvi sulle coste siciliane.

Dice di essere andato via dal Togo perché là non aveva niente, è tutto complicato: “È come se ci fosse la monarchia anche se ci sono state le elezioni. È la polizia che va a prendere le persone per votare”.

Edris non vede la sua famiglia da 4 anni, ma presto ritornerà nel suo Paese grazie a un lascia passare concesso da Roma per richiedere il passaporto. Con quello, finalmente, potrà fare domanda per la cittadinanza. Edris ha già fatto il biglietto di ritorno per rientrare in Sicilia, questa volta tramite un volo di linea e con i documenti.

Lui ha deciso, la meta finale del suo viaggio è la Sicilia perchè vuole vivere e lavorare qua, come già sta facendo in veste di mediatore culturale per la comunità che si è occupata di lui.

Fonte foto in evidenza: Wikipedia