Eduardo Saitta: “Teatri dell’Isola per dare voce e forza alle tante realtà siciliane”

Eduardo Saitta: “Teatri dell’Isola per dare voce e forza alle tante realtà siciliane”

CATANIA – Ha compiuto da poco quarant’anni di cui 35 o forse più li ha trascorsi sulle tavole del palcoscenico. Eduardo Saitta con il suo sorriso sornione diverte con intelligenza ed ironia, conquistando un pubblico eterogeneo che si rivede nella sua vis comica quando racconta Catania con i suoi pregi e difetti e si emoziona vedendolo recitare al fianco del padre Salvo, suo maestro d’arte e di vita. Da tre anni è promotore del progetto “Teatri dell’isola” un’operazione culturale che unisce ben 34 diverse realtà teatrali della Sicilia che hanno deciso di fare squadra e cooperare insieme per dare voce a tutte quei teatri spesso dimenticati dalle Istituzioni, che quotidianamente combattono e credono in quel gioco di impegno e sudore che è il teatro.

Come nasce Teatri dell’isola?

“Tre anni fa ho iniziato a contattare teatri, direttori artistici, compagnie e associazioni perché, per me, era impossibile pensare che le tante forze culturali della nostra terra non potessero instaurare un legame di coesione e sostenersi a vicenda. Ho cercato le piccole realtà che volevano crescere e migliorare la loro offerta, inserendo nel cartellone testi di rilievo. Nel giro di otto mesi ho creato i Teatri dell’Isola con ben 34 stagioni”.

Quali sono le risorse economiche di questo progetto?

“Il pubblico, gli abbonamenti e i biglietti, perché ho coinvolto solo la gente che ama il teatro in modo da riempire le sale. Ad esempio Palazzolo Acreide da zero è arrivato ad esaurire il proprio turno con 300 abbonati”

Sicuramente ci saranno state delle difficoltà per realizzare questa comunione d’arte e cultura

“Non ho incontrato nessuna difficoltà. Non ho mai fatto un viaggio a vuoto, tutte le persone che ho contattato telefonicamente sono state felici di ricevermi. Ricordo, ad esempio, che ad Enna in tre giorni abbiamo esaurito gli abbonamenti senza neanche aver completato la campagna promozionale. Non c’è giorno che passi senza che io riceva una richiesta per entrare a far parte di questo circuito, tutto ciò grazie alla collaborazione che si è venuta a creare”.

Queste rassegne che tipo di spettacoli prevedono?

“Ci sono stati spettacoli importanti come “Per non morire di mafia” di Sebastiano Lo Monaco, impreziosendo le stagioni di piccole realtà che hanno avuto nella massima trasparenza la possibilità di avere lavori applauditi in tutta Italia. Smettiamola con il teatro di serie a e di serie b. L’importante che sia fatto bene, indipendentemente dallo spettacolo che si deve mettere in scena, che sia di genere classico, contemporaneo o di tradizione”.

Ci racconta un ricordo di quest’avventura culturale?

“Il momento più bello è legato alla sala Iris di Floridia, in provincia di Siracusa, che non credeva si potesse andare oltre la replica domenicale e invece in questi tre anni siamo riusciti non solo a raddoppiare ma a triplicare il turno degli spettacoli”.

A Catania c’è una grande tradizione teatrale ma, secondo lei, cosa manca al mondo del teatro catanese?

“L’onestà intellettuale di riconoscere i propri limiti e capire che non basta dire solo quattro battute per essere bravi attori. Manca l’umiltà di apprendere e non sentirsi mai arrivati. Oggi tutti creano compagnie teatrali e scuole di teatro senza neanche immaginare come si fa questo mestiere. Tutto questo, per me, è una cosa che può fare solo paura”.

Eduardo Saitta è riuscito nel corso degli anni a staccarsi dall’immagine di figlio d’arte costruendo una propria autonomia artistica. Quanto è stato difficile questo percorso?

“Ho lavorato e ho faticato. Durante gli spettacoli ho imparato giorno per giorno a capire quali sono le reazioni del pubblico, per fare in modo che le stagioni funzionino. Mio padre ed io non ci limitiamo a fare gli attori, siamo degli artigiani viviamo tutto il mondo del palcoscenico e il pubblico con i suoi umori”.

Prima di salutarci ci racconta il suo primo debutto?

“La mia prima volta è stata a quattro anni durante la messa in scena de L’altalena. Decisi di fare teatro per colpa di Aldo Toscano. Ricordo che entrò nella hall del teatro Piscator mentre c’erano le prove di uno spettacolo di mio padre dicendo: “Lo Stabile sta cercando un ragazzino di dodici anni per il nuovo spettacolo di Lamberto Puggelli “La nuova colonia”. Mio fratello subito dopo mi disse: “Andiamo a prenderci un gelato. Usciamo”. Andammo al Verga e l’indomani mi trovai a Palazzo Bruca davanti a Puggelli, che non sapevo chi fosse. Dopo una selezione finale tra me e un ragazzino biondo con gli occhi azzurri che incarnava le caratteristiche fisiche da lui richieste scelse me. Vide che avevo dimestichezza e iniziai la tournée con Maddalena Crippa e Miko Magistro. Poi arrivarono i lavori con il maestro Turi Ferro prima nei Viceré e poi nei Malavoglia inaugurando il quarantennale del Teatro Stabile”.