Terremoto di Santo Stefano, la testimonianza di un pompiere in servizio: “Le persone erano sconfortate”

Terremoto di Santo Stefano, la testimonianza di un pompiere in servizio: “Le persone erano sconfortate”

CATANIA – Sono passate poco più di due settimane dal terremoto che nella notte di Santo Stefano ha colpito Fleri, frazione della periferia sud di Zafferana Etnea, nel Catanese. Ma a Catania e provincia il ricordo di quella notte è più vivo che mai e sembra che tutto questo tempo non sia passato.

I residenti delle zone maggiormente colpite stanno ancora facendo i conti con le conseguenze della forte scossa sismica e l’emergenza non è ancora terminata. Una riprova di ciò è la permanenza del campo base dei vigili del fuoco in pieno centro ad Acireale, dove è presente una chiesa che ha subito danni considerevoli.

La sofferenza delle persone è ben evidente nei loro racconti e il numero elevato di richieste di sgombero, di persone rimaste senza casa e il lavoro svolto dai pompieri per mettere in sicurezza i luoghi colpiti dal sisma parlano chiaro.

Santo Re, vigile coordinatore del comando provinciale dei vigili del fuoco di Catania, afferma quanto sia stato difficile intervenire e racconta le diverse fasi di questa estenuante attività che si sono susseguite nel corso dei giorni.

“Durante la notte – racconta Re – a chi era già in servizio da prima non lo hanno fatto smontare e hanno chiamato le squadre specializzate nel recupero delle persone sotto le macerie. Per fortuna non ci sono stati morti, ma i residenti erano in ginocchio, perché in quei giorni c’erano più di 200 sfollati, e i numeri attuali non sono confortanti. Sono entrato in servizio alle 8 e mi hanno raddoppiato i turni, dovendo così garantire sia il servizio ordinario che quello di emergenza. Durante le operazioni di montaggio del campo base ad Acireale sono state attivate cinque squadre per la divisione dei compiti e, in seguito, sono iniziate le fasi operative. La prima ha riguardato il recupero e il soccorso delle persone, la seconda quello dei beni di prima necessità e adesso è in corso la terza, quella delle verifiche di stabilità e agibilità degli edifici. Sono arrivate altre squadre da tutta la Sicilia e mezzi di soccorso da altre regioni perché quelli che avevamo qui non bastavano. Abbiamo messo dei teli sopra i tetti per evitare infiltrazioni d’acqua, ancora molte persone attendono la verifica della stabilità delle proprie abitazioni e penso che avremo da lavorare almeno per un altro mese perché gli interventi sono lunghi e richiedono molto tempo. Ricordo che erano crollate anche le tegole e i comignoli dei camini”.

I pompieri sono stati accolti come eroi dalle vittime, ma in queste ultime ore il timore che l’emergenza si protrarrà per molto tempo è forte. Inoltre, la vicinanza delle istituzioni è fondamentale sia per gli sfollati che per chi lavora, anche perché lo sciame sismico prosegue.

Le persone erano sconfortate – conclude Re –. Adesso però bisogna capire che intenzioni ha il governo, che si deve interessare alla ricostruzione, che comprenderà la fase più lunga, perché gli sfollati hanno paura che finisca come Amatrice, e lì ci sono anche case che vanno demolite. Siamo sempre lì per dare aiuto, ma è anche vero che il Comune si deve attivare per fornirci il materiale per la messa in sicurezza. A Viagrande e Trecastagni siamo intervenuti in misura minore perché c’erano solo pareti perimetrali pericolanti, mentre a Ragalna c’è stata qualche crepa. In questo caso il movimento del terreno è stato sia ondulatorio che sussultorio. Le case vicino alla faglia hanno avuto danni anche alle fondamenta e il terreno si è spaccato. Nelle chiese sono cadute le statue e si sono rotti gli intonaci, perché l’epicentro è stato in superficie. Lo sciame è ancora vivo e c’è sempre da fare attenzione, perché ancora le richieste di intervento arrivano da Fleri e Ragalna e subentra la paura. Mi immedesimo negli sfollati, perché penso pure ai sacrifici che hanno fatto per avere una casa”.