Bullismo, quando insulti e vessazioni possono cambiare una vita: il vero dramma delle vittime

Bullismo, quando insulti e vessazioni possono cambiare una vita: il vero dramma delle vittime

PALERMO – Bullismo, una parola dalle mille sfaccettature ormai entrata nell’uso comune. Anche se generalmente inseriamo questo fenomeno all’interno del contesto scolastico, è impossibile non notare come le vittime di tormenti, denigrazioni e angherie rimangano spesso intrappolati in un tunnel oscuro e si portino dietro gli effetti del male subìto nel corso di tutta la loro esistenza.

Sempre più frequentemente la vita di migliaia di persone in tutto il mondo cambia in peggio a causa del bullismo o, purtroppo, finisce: lo dimostrano gli sconvolgenti casi di suicidio o di aggressioni con conseguenze drammatiche presentati ogni giorno dai media di tutto il mondo, esemplificativi di una società ormai brutalizzata.

Due casi recenti possono dimostrare quanto ferocia, spietatezza e atti di prevaricazione possano sconvolgere l’esistenza di numerose persone.

Il primo vede protagonista la piccola Lily-Jo, una bambina di soli 10 anni. Dopo settimane di azioni e parole crudeli da parte dei compagni di scuola, la ragazzina avrebbe tentato di suicidarsi. La madre avrebbe fotografato la figlia in ospedale e invitato tutti a diffondere l’immagine che meglio rappresentava il dramma di una bambina distrutta dal bullismo e di una famiglia costretta a convivere con le conseguenze psicologiche che questo episodio continuerà ad avere su Lily-Jo in futuro.

Esistono, purtroppo, anche tante storie simili con finale tragico: è il caso del piccolo James M., 9 anni, vittima degli insulti omofobi dei compagni di classe, che lo hanno portato alla morte.

Il secondo episodio, invece, vede protagonista una ragazza russa di appena 14 anni: accerchiata e picchiata brutalmente da un gruppo di coetanee, la giovane avrebbe riportato ferite e traumi molto gravi. Sarebbe un episodio triste come tanti altri, se non fosse per un dettaglio sconvolgente: a causa dei calci e dei pugni ricevuti, l’adolescente probabilmente non avrà mai la possibilità di avere figli. Una semplice “vendetta” da un gruppo di ragazzine feroci le avrebbe tolto la possibilità di vivere le gioie della maternità e di una vita sentimentale normale.

Il dramma del bullismo non ha risparmiato neanche un territorio relativamente piccolo come la Sicilia: ultimo in ordine cronologico il caso terribile del suicidio di un 15enne a Santa Caterina di Villarmosa (Caltanissetta) a inizio novembre, che potrebbe essere legato al terribile fenomeno (le indagini sarebbero ancora in corso per accertare queste indiscrezioni).

Ogni caso è diverso dall’altro e mostra un aspetto diverso del terribile mondo del bullismo nelle sue varie forme (verbale, fisico, attacchi contro diversamente abili, body shaming, cyberbullismo mobbing tra adulti, giusto per menzionare qualche esempio) ma centinaia e centinaia di storie non sono sufficienti a spiegare quali possono essere le conseguenze tremende di atti solitamente ridimensionati ed etichettati come “scherzi” o “ragazzate”.

Insicurezza, umiliazione, sensazione continua di smarrimento, instabilità psico-fisica, ansia, depressione, attacchi di panico, tendenza ad abbandonarsi a droga, alcol, disturbi alimentari o autolesionismo, trasferimenti continui per sfuggire alle persecuzioni, danni fisici e mentali anche gravi: questo e tanto altro accade ogni giorno a migliaia di persone, che muoiono lentamente (talvolta, purtroppo, letteralmente) a causa del bullismo.

Una persona giovanissima ha provato a spiegare, e per certi versi vi è riuscita meglio di uno psicologo/psichiatra o esperto del fenomeno, questo incredibile dramma con parole semplici ma impregnate di dolore e disperazione. Quella ragazza adesso non c’è più: si chiamava Amanda Todd e aveva solo 15 anni quando il bullismo l’ha portata alla morte nel 2012.

La sua storia qualche anno fa divenne un caso noto a livello globale, forse il primo episodio di bullismo, sextortion (ricatti sessuali online) e cyberbullismo a ricevere attenzione internazionale. Non molto tempo prima di compiere l’estremo gesto, Amanda aveva pubblicato un video della sua storia: nel filmato racconta tutti i passaggi che l’hanno portata a “perdere amici e rispetto”, dall’immagine a seno scoperto finita nelle mani sbagliate agli insulti, i ricatti e le persecuzioni che hanno sconvolto la sua esistenza, costringendola a continui trasferimenti e alla convivenza forzata con una depressione poi rivelatasi fatale.

A più di 6 anni dalla tragica fine della studentessa, il messaggio di Amanda rimane ancora il manifesto di chi non riesce a denunciare e perde la capacità di vivere normalmente.

Fortunatamente, sempre più persone si stanno attivando per sensibilizzare giovani e adulti al problema e sono numerosi, in tutto il mondo, i servizi pronti a offrire soccorso alle vittime: in Italia, oltre a numerose Onlus e a centinaia di professionisti sempre più specializzati e pronti a combattere il fenomeno, esiste da qualche mese anche l’app YouPol, che permette di segnalare episodi di bullismo direttamente alle forze dell’ordine. Sono questi alcuni dei progetti che tentano di far comprendere a chi soffre per le angherie altrui che porre fine al bullismo è possibile e necessario.

Immagine di repertorio