Dostoevskij al Teatro Stabile, azzardo e frenesia vestono i panni de “Il Giocatore”

Dostoevskij al Teatro Stabile, azzardo e frenesia vestono i panni de “Il Giocatore”

CATANIA – Il palco dello Stabile raccoglie l’applauso di un pubblico appassionato ma allo stesso tempo sconcertato. Il tema è forte e quanto mai attuale. In scena c’è “Il giocatore”, rappresentazione dell’omonimo romanzo di Fëdor Dostoevskij, adattato magistralmente da Vitaliano Trevisan e diretto dal regista Gabriele Russo.

In una dimensione atemporale, scenograficamente resa dalla mescolanza di elementi del passato e della realtà dei giorni nostri, il desiderio compulsivo del gioco pervade la scena modellando personaggi, movenze, ansie, tremori e timori in un mix di ossessione e mania che sfocia, talvolta, nell’isteria più profonda. La ruota gira, e gira ancora lasciando appese le anime di chi si sta giocando tutto. Denari, proprietà, affetti, dignità e persino la vita.

“Rouge ou Noir”, “Pair ou Impair”, “Manque ou Passe”, “Zero” scandiscono le puntate frenetiche che affollano il tavolo della roulette, giudice spietato che dà e toglie senza giudicare. I dialoghi sono secchi, taglienti. Sputati sul palco con estrema durezza e sincerità. Così veri da non destare alcuno scandalo.

Due clessidre scandiscono l’intreccio scenico e sembrano rincorrere la stesura del romanzo, rappresentata grazie all’eclettismo di Daniele Russo e Camilla Semino Favro che interpretano la doppia veste di Aleskej/Fëdor Dostoevskij e Polina/Anna Grigor’evna. (Un Dostoevskij quarantacinquenne fu costretto, sotto ricatto, a consegnare il romanzo all’editore in meno di un mese per onorare un debito di gioco. Anna Grigor’evna, allora sedicenne, studentessa di stenografia, venne ingaggiata per scrivere rapidamente quello che sarebbe diventato “Il giocatore”, diventando poi moglie e compagna di vita dell’autore ndr).

Daniele Russo si sdoppia con la semplicità di chi possiede mezzi straordinari, si immerge in dialoghi di elevatissima difficoltà interpretativa con estrema confidenza. Passa da un ruolo all’altro con precisione imbarazzante. Conduce e induce la platea all’inevitabile riflessione sull’azzardo, sulla brama di denaro che gonfia i polmoni e svuota l’anima un attimo dopo.

Camilla Semino Favro ritrae uno spaccato di vita moderna che coinvolge giovani e vecchi nella logica perversa dei numeri. Ruote che girano, numeri che si inseguono l’un l’altro e che inseguono il giocatore fino al ciglio del baratro, a un passo dall’abisso. Nel doppio ruolo di Polina/Anna Grigor’evna esteriorizza il disagio interiore prestando corpo e voce, lacrime e sudore.

Completano il quadro le eccellenti interpretazioni di Marcello Romolo (Il generale), Paola Sambo (Baboulinka), Alfredo Angelici (Mr. Astley), Martina Galletta (M.lle Blanche), Alessio Piazza (Il croupier) e Sebastiano Gervasso (De Grieux).  Le vite dei personaggi si legano e si slegano nel desiderio di riscatto che le incatena. Amore, odio, passione e vizio si avvicendano senza strappi, intrecciati l’un l’altro da un filo sottile che separa gioia e nevrosi.

La scenografia e i costumi incorniciano “Il giocatore” in territori che non conoscono limiti spazio-temporali. Antico e moderno si fondono e si confondono attualizzando un’opera che di lustri ne ha ben trenta. Lo spettatore osserva la scena e si ritrova proiettato nel quotidiano. Nella fila di giocatori che intasa la rivendita di tabacchi, tra i mozziconi di sigaretta delle sale gioco, sullo sgabello scomodo di un videopoker. E mentre la clessidra si è svuotata anche dell’ultimo granello di sabbia, la ruota continua a girare.

 

Fonte immagine: sito ufficiale Teatro Stabile