Mia Martini, la grande assente

Mia Martini, la grande assente

Che strana la vita. La immagino come un quaderno dalle pagine bianche, dove, stranamente una penna inizierà a scrivere le prime righe che le riempiranno raccontando una storia che avrà un inizio e una fine. Che sia lieto il finale oppure no, questo sarà lo scrittore della storia a stabilirlo e una volta che avrà delineato i tratti fisici e le caratteristiche comportamentali darà un nome al protagonista, che a differenza di un attore non conoscerà mai la storia, recitando senza un copione e molto spesso improvvisando. L’ha fatto con tutti e l’ha fatto anche con lei. Lei che è stata considerata una delle voci più belle e più interpretative, lei che è stata definita da Charles Aznavour una delle pochissime voci in grado di emozionarlo, lei che è stata premiata da Giulio Andreotti col titolo di “Interprete per eccellenza”, lei che è stata anche una donna fragile e tormentata,come racconta il suo brano “Donna”.

Per gli amici lei era Mimì ma il suo vero nome Domenica Rita Adriana Bertè la dice lunga sulla sua storia che in un certo senso ha coinvolto anche noi. Mimì che il mondo conoscerà poi col nome di Mia Martini: Mia come l’attrice Mia Farrow (da lei prediletta) e Martini per i tre nomi italiani più famosi al mondo, spaghetti, pizza e martini, ha scoperto sin da subito che la sua storia era la stessa che doveva condividere col mondo intero fatta di canzoni che parlano di lei.

L’abbandono del padre, in un giorno qualunque, con una Mia molto fragile e sensibile, rappresenterà una ferita destinata a non rimarginarsi mai più. Il suo primo lp “Oltre la collina”, conterrà un brano che Mia dedicherà allo stesso: ”Padre davvero”, in Italia censurato per le parole crude che utilizza ma il motivo sembra essere un altro. Mia non canta. Interpreta il brano. Sente le parole e le trasmette.

Ma il “cattivo tempo” al momento sembra essere lontano e nel 1973 Dario Baldan Bembo insieme a Franco Califano le cuciranno addosso un successo senza tempo. “Minuetto” traeva spunto dalle sue vicissitudini sentimentali, di una donna tormentata da un amore bugiardo e ladro alla continua ricerca spasmodica di quel sentimento che sembra esserle sempre distante, inarrivabile, irraggiungibile come nel brano “E stelle stan piovendo”: il corpo mio di legno con te si è consumato la cenere ora vola col tuo fiato…

Se Minuetto da una parte la porterà al successo dall’altro le si affiancheranno sentimenti e malesseri che resteranno le sue amiche più fedeli: la depressione e la solitudine. Mia è un’artista ormai. Esprime attraverso la musica i suoi stati d’animo. ”Dove il cielo va a finire” è uno dei suoi brani più rappresentativi ma il suo cielo fatto di musica non sarà lo stesso per la gente che la circonda. Inizieranno a pioverle addosso come gocce di pioggia accuse di ogni genere. Il mondo che lei si era scelto non le darà tregua. Inizieranno a darle il titolo di “portatrice di jella”. Sarà esclusa anche dal Festival di Sanremo, come nell’edizione del 1985 con “Spaccami il cuore” raffinato brano scritto per lei da Paolo Conte.

È l’ennesimo atto di ostracismo che la karmesse sanremese le fa e per Mia rappresenterà una devastante delusione. Inizierà il lungo periodo buio per Mia dove non sembrerà riportarla in auge neanche la storia, burrascosa e turbolenta, d’amore con Ivano Fossati.

“Almeno tu nell’universo” le fa vincere la critica e un gran apprezzamento dal pubblico al Festival di Sanremo del 1989. In quell’occasione aveva sentito attraverso l’applauso l’abbraccio del pubblico, lo stesso abbraccio che ha ricercato più volte dalla vita. “La nevicata del ‘56” e “Cummè” con Roberto Murolo la riporteranno al successo nel 1991 e nel 1992 sarà nuovamente in gara al Festival di Sanremo col brano “Almeno tu nell’universo” preghiera rivolta al figlio che forse ha sempre desiderato e che non è mai arrivato o a quel padre che tanto aveva cercato e mai trovato: ”Sono stata anch’io bambina di mio padre innamorata…”.

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Mia è ormai una donna spenta e delusa. Nonostante il successo e la gente che la circondava lei era sola, sapeva di esserlo per davvero. Lo scrittore ha scelto per lei un copione fatto di solitudine e di malinconia. Verrà ritrovata priva di vita in una stanza d’albergo con le cuffie alle orecchie probabilmente per sentire accanto a lei la voce di qualcuno che le tenesse la mano.