Mimmo Mignemi è il pentito Saro D’Agò nell’ultimo capitolo di “Onore e Rispetto”

Mimmo Mignemi è il pentito Saro D’Agò nell’ultimo capitolo di “Onore e Rispetto”

ROMA – Diretto e solare. Mimmo Mignemi è la personificazione dell’antidivo nonostante abbia superato abbondantemente i trent’anni di carriera teatrale e ottenuto numerosi successi cinematografici e televisivi come “Nuovo Cinema Paradiso”, “I cento passi” o “La meglio gioventù”. Lo incontriamo in occasione della sua interpretazione nell’ultimo capitolo della saga “L’Onore e il Rispetto” nel ruolo del pentito Saro D’Agò. Parliamo, sorridendo ma non troppo, di televisione, cinema, teatro e stereotipi legati alla nostra terra.

Chi è Saro D’Agò l’uomo che per paura e sete di potere permette a Tonio Fortebracci di vivere?

“È un cattivo che si pente, in quanto non ha rispettato l’ordine del padrino per cercare di recuperare i soldi nascosti da Tonio e vivere una nuova vita. Cerca di salvare la famiglia per paura di ritorsioni anche se poi sarà la stessa famiglia a voltargli le spalle”.

Questa terza puntata sarà l’ultima per il suo personaggio o sopravviverà alla vendetta mafiosa?

(ride) “Non lo posso dire. Guardate stasera la puntata e vedrete cosa succederà. Posso assicurare che sarà ricca di colpi di scena”.

Ci racconta come si sono svolte le riprese e qualche segreto del backstage?

“Le riprese si sono svolte due anni fa. È stato un bel periodo mi sono divertito molto. Tutti da Garko al personale della produzione sono persone molto serie e ligie al dovere. Si è creata una bella famiglia”.

Ci sono molti siciliani nel cast ma il nostro dialetto e il nostro accento è molto trasformato…

“L’Onore e il rispetto presenta una bella sceneggiatura, c’è tanto lavoro alle spalle ma alcuni interpreti non essendo padroni del nostro dialetto hanno delle difficoltà oggettive a prescindere che sia quello catanese o palermitano, come se noi dovessimo parlare in dialetto piemontese. Tutto si può acquisire solo con tanta pratica e studio, non nascondo che spesso la nostra lingua viene maltrattata perché parlata da attori non siciliani”.

Ha lavorato in tanti film che raccontano la Sicilia sempre in chiave mafiosa. È solo il fascino del cattivo che conquista o una consuetudine negativa quasi impossibile da cancellare come è accaduto con il manifesto scandalo del G7 di Taormina?

“Tutto si basa su dei cliché sbagliati e superati, spesso mancano le idee e allora si continua sempre sulla stessa linea. Ad esempio io ho i baffi quindi posso fare o il maresciallo o il carabiniere mentre Garko può fare solo il bello della situazione in quanto si punta solo sulla bellezza e non su altro, perché manca la fantasia. Si utilizza l’immagine che ognuno di noi riflette senza pensare alle specifiche peculiarità professionali”.

Parliamo di Teatro, il suo grande amore. Cosa ne pensa dell’attuale situazione teatrale catanese?

“Tutti parlano e ognuno è depositario del verbo. Mi ricordo ai tempi del teatro Rosina Anselmi o del Piccadilly si respirava, allora come oggi, rivalità ed invidia. Non si capisce che si combatte per un effimero e si è protagonisti di una guerra continua senza capire cosa sia giusto fare distruggendo il teatro economicamente e psicologicamente. Spero che questo clima di tristezza passi presto e si possa rivivere il teatro, quello vero”.

Dove la rivedremo?

“Si è appena conclusa la tournee con l’ultima replica di “Filumena Marturano” per uno spettacolo del Quirino, che riprenderà ad ottobre”.

Reciterà anche per una platea catanese?

“Probabilmente si”.

Elisa Guccione