Catania, processo Farmacia: tutti assolti

Catania, processo Farmacia: tutti assolti

CATANIA – La terza sezione penale del tribunale etneo ha assolto gli otto imputati del processo per presunti casi di inquinamento ambientale nella facoltà di Farmacia perché il fatto non sussiste. Così dopo oltre due anni si è chiusa una vicenda travagliata e dolorosa per l’università di Catania e per i tanti ricercatori che hanno lavorato nel cosiddetto “laboratorio dei veleni”. A finire sul banco degli imputati erano i vertici dell’università etnea nel periodo tra il 2004 e il 2007.

Secondo la tesi dell’accusa i reati di disastro ambientale colposo, omissione di atti d’ufficio e falso erano scaturiti a seguito dello sversamento nei lavandini dei laboratori di composti chimici utilizzati per le sperimentazioni. Il pm Giuseppe Sturiale, nell’udienza del 10 gennaio scorso aveva chiesto condanne comprese tra 3 anni e due mesi e 4 anni di reclusione.

Sono stati assolti gli imputati Antonino Domina (ex direttore amministrativo dell’università), Lucio Mannino (allora dirigente dell’ufficio tecnico), Giuseppe Ronsisvalle (preside dell’ex facoltà di Farmacia dal 1996 al 2009), Fulvio La Pergola (l’allora responsabile del servizio prevenzione e protezione dai rischi), Franco Vittorio (direttore del dipartimento di scienze farmaceutiche) e tre membri della commissione sicurezza Giovanni Puglisi, Francesco Paolo Bonina e Marcello Bellia.

Il tribunale ha disposto anche il dissequestro delle aree interessate nella cosiddetta inchiesta sui veleni della facoltà di farmacia. La vicenda ebbe inizio con la consegna in procura di un esposto con allegato il diario di Emanuele Patanè, un giovane ricercatore morto per un tumore ai polmoni nel 2003.

Sono circa 17 le morti sospette legate al cosiddetto “laboratorio dei veleni”. La vicenda è stata raccontata sia in un libro dei giornalisti Francesco Viviano e Alessandra Ziniti dal titolo “Morti e silenzi all’università” e sia in un film, dal titolo “Con il fiato sospeso”, della regista palermitana Costanza Quatriglio. Quest’ultima ha raccontato questa storia attraverso le parole del diario di Emanuele Patanè.

E’ arrivato il commento del magnifico rettore Giacomo Pignataro, il quale ha dichiarato: “L’ateneo, sin dall’avvio delle indagini, ha garantito la massima collaborazione alla magistratura, avendo come unico obiettivo quello dell’accertamento della verità, pervenendo, proprio per questa ragione, alla decisione di costituirsi parte civile nel processo, nonostante in esso fossero coinvolti figure di primo piano della docenza e della dirigenza dell’università”.

“La sentenza, intervenuta dopo lunghe e complesse indagini e un altrettanto lungo dibattimento – ha aggiunto il rettore – riconoscendo l’insussistenza dei fatti contestati, può rasserenare tutti coloro che hanno operato e che operano all’interno delle nostre strutture. L’Università rimane vicina al dolore delle famiglie che hanno ritenuto che le vicende dei propri congiunti fossero addebitabili a trascuratezza delle strutture dell’ateneo, ma la verità accertata dal tribunale, in questa sede come in quella che riguarda altri filoni di indagine, smentisce fortunatamente questa ipotesi”.

Il rettore Pignataro ha inoltre precisato che l’ateneo sta investendo per la sicurezza delle proprie strutture: “E’ infatti prevista la ristrutturazione dell’intero edificio occupato dal dipartimento di Scienze chimiche, per 2,3 milioni di euro, e altri interventi in materia di sicurezza per oltre 4,2 milioni di euro”.